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«A fronte di una disponibilità di rottami di acciaio riciclato strutturalmente superiore alla domanda in Europa, non vi è alcun rischio, né attualmente né in un futuro prevedibile, di carenza di offerta che possa giustificare restrizioni commerciali. restrizioni commerciali. Analogamente, mentre i rottami di acciaio riciclato svolgono un ruolo essenziale per la decarbonizzazione della siderurgia nell’Ue e a livello globale, non possono essere considerati una materia prima critica, poiché sono tutt’altro che scarsi, almeno nell’Ue». Così EuRIC, la Confederazione europea delle industrie del recupero, in un “position paper” di recente pubblicazione intitolato “Incrementare il riciclo dei rottami di acciaio nell’Ue – Sfatando i miti e definendo un percorso chiaro per la decarbonizzazione dell’acciaio attraverso il riciclo”.

Come altre volte in passato, EuRIC ha affermato che «a condizione che venga mantenuto il giusto quadro politico, non ci saranno problemi di “accesso” al rottame d’acciaio nel prossimo futuro». Dunque, eventuali «restrizioni commerciali volte a limitare l’accesso ai mercati internazionali da parte dei riciclatori europei si tradurranno unicamente in una minore offerta di rottami di acciaio riciclati all’interno dell’Ue e quindi in un’ulteriore diminuzione dell’autonomia strategica delle catene del valore circolari europee nel loro complesso».

«In media – si legge nel documento – l’industria europea del recupero ricicla oltre 100 milioni di tonnellate di acciaio all’anno. L’80% viene utilizzato internamente dalle acciaierie europee, mentre circa il 20% viene esportato, in particolare nei Paesi che si affidano al percorso EAF (forno elettrico) per produrre acciaio. Con la più grande capacità EAF costruita, la Turchia rimane il più grande importatore di rottami di acciaio riciclati a livello globale. I 20 milioni di tonnellate di esportazioni di rottami devono essere messi in prospettiva con i 128,9 milioni di tonnellate di minerale di ferro importati annualmente nell’Ue nel 2021 da Paesi come il Brasile, dove l’estrazione contribuisce alla deforestazione e alla perdita di biodiversità. L’uso di rottami di acciaio riciclati nell’Ue è diminuito da 102,2 milioni di tonnellate all’anno nel 2005 a 87,9 milioni di tonnellate nel 2021». Un calo che, per EuRIC, è stato «del tutto proporzionale alla diminuzione della produzione di acciaio grezzo nell’Ue, passata da 182,3 milioni di tonnellate a 152 milioni di tonnellate nello stesso periodo». Di conseguenza, «l’uso di rottami di acciaio riciclati nell’Ue (dal 2012 ad oggi) è rimasto allo stesso livello del 57% circa in media, mentre raggiunge il 70% in Turchia e negli Stati Uniti», dove la produzione, diversamente che nell’Ue, è basata principalmente su EAF.

Secondo la Confederazione europea delle aziende del recupero, «l’industrializzazione del riciclaggio dei metalli, unita alla moltiplicazione degli impianti di riciclaggio in tutta l’Ue, consente alle aziende del recupero di far fronte a un prevedibile aumento della domanda di rottami di acciaio all’interno dell’Ue o al di fuori di essa». Inoltre, il rottame consente di «decarbonizzare l’acciaio ovunque venga utilizzato, contribuendo così a ridurre le emissioni climatiche nell’Ue e a livello globale». Limitazioni all’accesso ai mercati internazionali «non farebbero altro che distorcere il buon funzionamento dei mercati diminuendo artificialmente il valore dei materiali riciclati. Ciò si tradurrebbe in una riduzione della raccolta e del recupero, come è stato empiricamente osservato in tutte le regioni del mondo in cui sono state introdotte tali misure». Ancora, «la riduzione o l’assenza di margini di profitto impedirebbe alle aziende del recupero europee, la maggior parte delle quali sono PMI, di investire nella capacità e nell’innovazione necessarie per soddisfare le esigenze dei produttori di acciaio e dei produttori a valle. Peggio ancora, si amplierebbe la differenza del campo di gioco con le materie prime estratte, per lo più importate da Paesi extra-UE, che non sono soggette ad alcuna restrizione commerciale e non sono state incluse nel campo di applicazione del CBAM nonostante il loro intrinseco alto contenuto di carbonio».

 

FONTE: SIDERWEB.COM