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La Camera ha approvato il documento che impegna il Governo a richiedere la modifica del meccanismo in Ue

Attraverso una nota stampa Assofermet ha espresso la sua «piena soddisfazione in merito alla mozione», approvata lo scorso 10 aprile dalla Camera dei Deputati, che impegna il Governo ad un confronto con le istituzioni europee per rivedere alcuni aspetti dal CBAM. Un atto parlamentare che secondo l’associazione dei distributori di acciaio e di materie prime siderurgiche è di «importanza strategica per il futuro del meccanismo».

Assofermet, infatti, in più occasioni ha sollevato perplessità riguardo all’applicazione esclusiva del CBAM alle materie prime e ai semiprodotti e semilavorati di acciaio e alluminio, le difficoltà a reperire informazioni dai fornitori extra UE e molto altro. Dubbi che «sono stati sottolineati trasversalmente da gruppi parlamentari molto diversi fra loro, sia di maggioranza sia di opposizione». Ora, come ha dichiarato il direttore di Assofermet Luca Carbonoli, la speranza è che «il Governo italiano proponga per primo le modifiche legislative necessarie. Assofermet è a completa disposizione per dialogare con le istituzioni governative in merito a quello che riteniamo fondamentale cambiare».

Il presidente di Assofermet Acciai, Paolo Sangoi, ha sottolineato come l’associazione sia a favore di una «transizione ecologica che non penalizzi il sistema economico». In quanto, «la prima scadenza di fine di gennaio 2024, data entro la quale sono stati comunicati i dati relativi alle importazioni del quarto trimestre 2023, ha purtroppo confermato tutte le nostre previsioni. È estremamente complicato reperire le informazioni dai fornitori – continua Sangoi – e si sono verificate importanti complicazioni nell’inserire i dati nel sistema. Ancora oggi sono molti i produttori che si dichiarano non disponibili a fornire una certa parte di dati in quanto ritenuti estremamente riservati».

L’applicazione esclusiva del CBAM alle materie prime, ai semiprodotti e ai semilavorati di acciaio e alluminio, lascerebbe «piena libertà di import dei beni e componenti realizzati fuori dalla UE con la stessa materia prima che, se importata senza ulteriori lavorazioni o trasformazioni, è soggetta alla normativa. Si tratta – aggiunge Sangoi – di una serie di clamorosi errori normativi: nella fase di studio non si è evidentemente tenuto conto delle conseguenze sul sistema manifatturiero e sulla sua competitività». Il rischio potrebbe essere un maggior costo delle materie prime che, secondo l’associazione, la manifattura UE sarà costretta a subire, a differenza dei suoi competitor stranieri che potranno contare su materie prime a prezzi più vantaggiosi. Un’altra conseguenza sarebbe inoltre rappresentata dal rischio concreto di esodo di aziende manifatturiere e porterebbe molte imprese a «trasferite i propri siti produttivi nei Paesi che permetteranno di operare nel rispetto dell’ambiente ma con minori restrizioni rispetto alla UE, evitando la tassa all’import in partenza a gennaio 2026».

 

Fonte: siderweb.com

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