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Un periodo tradizionalmente poco “business-oriented”. Ma che, quest’anno, ha portato con sé anche una crescente tensione geopolitica.

Le vacanze natalizie, per il settore internazionale dell’acciaio e dei metalli, sono state testimoni di un andamento di mercato sostanzialmente tranquillo, almeno fino al raid che ha portato alla morte del generale iraniano Qassem Soleimani ed alla risposta militare dell’Iran. Le ripercussioni della crescente tensione tra USA ed Iran, al momento, si sono concentrate in due mercati: quello del petrolio, con le quotazioni salite oltre i 70 dollari il barile, il massimo da alcuni mesi a questa parte. Questo livello, però, sembra non sia destinato ad essere superato o sostenuto troppo a lungo, come spiegano gli esperti di S&P, a meno di un’escalation militare al momento ritenuta poco probabile dagli analisti. Il secondo mercato che ha risentito fortemente delle frizioni tra i due stati è quello dell’oro: il bene-rifugio per antonomasia, infatti, è salito ai massimi degli ultimi sette anni e si appresta a rimanere su livelli elevati almeno fino allo scioglimento delle tensioni.

Un altro mercato che rischia di subire l’onda d’urto del conflitto USA-Iran è quello del gas: il Qatar, geograficamente prossimo ai luoghi “caldi” dello scontro, è il maggior produttore mondiale con una quota di mercato del 22% e rischia, in caso di blocco dello stretto di Hormuz, di essere tagliato fuori dai mercati globali, con un’ovvia ripercussione sui prezzi della commodity.

Per ciò che concerne i mercati dei metalli, invece, al momento non si segnalano tensioni. Ta il 20 dicembre ed il 7 gennaio i prodotti quotati al London Metal Exchange hanno fatto registrare oscillazioni tutto sommato contenute, con solo due eccezioni. Zinco, rame e piombio hanno avuto oscillazioni inferiori allo 0,5%, di fatto confermando il livello pre-natalizio, mentre l’alluminio ha fatto registrare un incremento dell’1,3%, salendo da 1770 a 1793 dollari la tonnellata cash. Più elevate, invece, le perdite dello stagno (-1,9%) e soprattutto del nickel, che prosegue la china discendente intrapresa ad inizio ottobre, quando le quotazioni erano attorno ai 18.000 dollari la tonnellata, perdendo il 2,4% rispetto al 20 dicembre e tornando a 13.855 dollari la tonnellata.

Per ciò che concerne i future dell’acciaio, invece, si registrano passi avanti più consistenti per i prodotti piani. Le quotazioni del LME sono state testimoni di un rincaro del 4,15% dei coils USA e del 3,17% per i coils cinesi (prezzo ad un mese), con un incremento rispettivamente di 23,5 e di 15 dollari la tonnellata rispetto al venerdì pre-natalizio. In crescita anche il rottame (+2,38%), mentre l’unico prodotto depresso rimane il tondo, che cede leggermente scendendo da 444 a 441 dollari la tonnellata.

fonte: siderweb.com

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