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BRESCIA – Nel 2017 è aumentato il fatturato complessivo della filiera dell’acciaio nazionale e sono anche migliorati gli indicatori di redditività.

Ma restano alcuni problemi, «che devono essere rapidamente affrontati». A maggior ragione perché questa fase in cui «le imprese siderurgiche sono in media robuste», e «il costo del denaro è ancora su livelli molto contenuti, ma crescerà», sembra essere il momento giusto per «decidere strutturalmente il futuro» del settore. È la conclusione cui è approdata l’approfondita analisi economico-finanziaria dei risultati 2017 della filiera siderurgica nazionale a cura di Claudio Teodori, professore ordinario dell’Università degli Studi di Brescia , che ha collaborato allo studio siderweb Bilanci d’Acciaio, presentato nel pomeriggio nella sede di UBI Banca, a Brescia.

Studio che è giunto alla «decima edizione e i risultati economici delle imprese della filiera ci presentano, nella fotografia scattata a fine 2017, un quadro positivo con redditività e fatturati in crescita rispetto all’anno precedente. Da alcuni mesi a questa parte – ha sottolineato Emanuele Morandi, presidente di siderweb la ripresa globale ha però perso smalto, anche a causa dell’incertezza creata dalle tensioni politiche e commerciali. Dobbiamo fare i conti con un contesto nazionale e internazionale nettamente mutato, che richiede maggiori attenzioni e capacità di allargare le proprie visioni. Anche per questo è importante monitorare le operazioni straordinarie avvenute in Italia e all’estero negli ultimi anni, consapevoli che questo processo produrrà a breve ricadute importanti sulla filiera dell’acciaio in Italia».

Lo scorso anno, il campione esaminato ha fatto registrare un fatturato totale di circa 48 miliardi di euro, in aumento rispetto ai circa 39,6 miliardi del 2016. Il reddito netto è ammontato a 1,3 miliardi di euro, pure in sensibile aumento. «La redditività è progredita in molti comparti e cluster – ha spiegato Teodori -. Nonostante questo, le scelte gestionali, in particolare in alcuni comparti, non sono riuscite a migliorare la capacità di produrre valore aggiunto», 7,6 miliardi di euro in totale. La sua incidenza media sul fatturato è tornata ai livelli del 2015, al 15,5% (era stata del 17% nel 2016). Il 79% del valore aggiunto complessivo è ottenuto dalla produzione, il 7% dalla distribuzione, il 9% dai centri servizio e il rimanente 5% dal commercio di rottame e ferroleghe. Un assetto rimasto pressoché invariato rispetto al 2016.

Così come è rimasto sui medesimi valori del 2016 l’Ebitda (3,7 miliardi di euro, il 7,8% del fatturato), che si mantiene quindi «su livelli non ancora soddisfacenti: solamente nella produzione l’incidenza sul fatturato si avvicina al 10%. Negli altri comparti, il dato è molto lontano da questa “soglia”, con un decremento solo nei centri servizio».

La redditività operativa complessiva (Roa) è positiva in tutti i comparti, con tendenza stabile nella distribuzione e al rialzo tra produttori e commercianti di rottame e ferroleghe. È leggermente migliorata anche la solidità del settore. «La posizione migliore è della produzione, grazie a una maggiore capitalizzazione, e della distribuzione. Di molto sotto la media i centri servizio, soprattutto a causa dell’indebitamento. Carente la solidità del commercio di rottame e ferroleghe».

Se si dovesse stilare una classifica generale quanto a andamento dei risultati, ha esaminato Teodori, la posizione relativa migliore per il 2017 è quella di produttori e commercianti di rottame e ferroleghe. Sotto la media e centri servizio; maggiore sofferenza, sempre in termini relativi, per la distribuzione.

 

 

Fonte: siderweb.com 

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