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BRESCIA – La crescita c’è e per il nostro Paese si è mostrata più robusta di quanto previsto. E poi è tornata dopo lungo tempo ad essere generalizzata, su scala globale, e non più appannaggio esclusivo dei Paesi emergenti.

 

Ma dal 2016, gli scenari internazionali sono anche stati contraddistinti da un ulteriore fattore: il ritorno agli aumenti (sostenuti) delle quotazioni di petrolio, metalli, energia. Come per consuetudine, l’Associazione Industriale Bresciana presieduta da Giuseppe Pasini, numero 1 del Gruppo Feralpi, è tornata a proporre il pomeriggio di lavori dal titolo “Scenari e Tendenze”, giunto alla 25ma edizione.

Realizzato con la collaborazione di Siderweb, il convegno ha fornito un inquadramento macroeconomico grazie all’intervento di Andrea Beretta Zanoni, professore ordinario di Economia aziendale presso l’Università degli Studi di Verona. Achille Fornasini, partner e Chief Analyst di Siderweb, ha invece proposto un’analisi relativa all’andamento delle quotazioni, con il supporto della testimonianza diretta dal mercato fornita da Cinzia Vezzosi, presidente del sindacato metalli non ferrosi di Assofermet, e Paolo Pozzato, presidente del sindacato rottami ferrosi della medesima associazione.

 

Italia meglio degli altri. Ma non scordiamoci i problemi

 

Lo scenario di fondo è positivo. L’Italia, come ha spiegato il professore dell’ateneo veneto, nel 2017 è cresciuta dell’1,5%, ben di più dello 0,9% stimato in precedenza.
E ancora, gli indicatori di sentiment del nostro Paese sono migliori di quelli rilevati negli altri Stati dell’Ue. Il nostro export, lo scorso anno, ha raggiunto lo straordinario valore di 450 miliardi di euro. Infine, nel 2018, la crescita italiana è attesa per un ulteriore +1,5%.

Ma per il professore, l’analisi merita l’aggiunta di altri aspetti fondamentali per rendere più reale il quadro. Innanzi tutto, il Pil reale per abitante è basso, è ai livelli del 1999, ed ha perso l’11% dal 2008 al 2013. Nel medesimo arco temporale, inoltre, il nostro sistema economico si è profondamente modificato, e non certo in meglio. Sono, infatti, aumentate le disuguaglianze, la povertà e la disoccupazione giovanile. E non va dimenticato che il biennio di crisi 2012/2013 è stato un fenomeno esclusivamente nazionale. A ciò non può non essere aggiunto che le finanze del nostro Paese sono fiaccate da un debito pubblico che solo 35 anni fa era al 66,4%, mentre oggi ha raggiunto il 131,6%.

Coesistono, pertanto, significativi motivi di ottimismo, ma non sufficienti per spiccare il volo. Anche per questa complessità di fattori, il professore ha sottolineato l’importanza della prossima tornata elettorale. L’esecutivo che ne uscirà, infatti, sarà chiamato ad un compito non facile, sospeso tra slancio e cautela.

 

Europa, Cina e USA: il mondo cambia velocemente

 

Brexit, estremismi, Trump sono solo alcuni dei protagonisti dello scacchiere mondiale. Beretta Zanoni, partendo proprio dall’Europa, ha elencato alcuni rischi strutturali di lungo termine con i quali l’attuale crescita economica generalizzata dovrà necessariamente fare i conti.

Nel nostro continente, le questioni spinose sono principalmente di natura politica e sono rappresentate dalle non poche zone d’ombra sottese alla Brexit, così come le preoccupanti scelte politiche in termini di salvaguardia della democrazia in Eurolandia, come quelle operate in Polonia e Ungheria.

Secondo il docente, inoltre, la Cina è alle prese con una straordinaria rivoluzione economica rappresentata dalla transizione da un’economia export oriented ad una sostenuta dai consumi interni. Non certo un passaggio dagli effetti facili da prevedere.

E poi c’è Trump. L’economia USA ha registrato una crescita del +2,3% nel 2017, seguito da un +1,6% nel 2016. Salgono a nove, pertanto, le crescite annuali consecutive. Il presidente ha fissato un target per il 2018 del +3%, per la Fed, invece, non ci si spingerà oltre il 2,6%.

Numeri senz’altro positivi, ma che non sgomberano il campo ai rischi sottesi. Secondo molti economisti, infatti, i tagli fiscali di Trump potrebbero generare effetti, non sempre positivi, sui conti del Paese. Inoltre, non è un mistero come proprio l’amministrazione attuale rappresenti uno specchio del disagio di larga parte della popolazione statunitense e gli squilibri politici ed economici negli USA rischiano di avere pesanti riflessi a livello globale.

 

Petrolio, energia e materie prime: gli anni del boom

Cause spesso diverse, ma effetti spesso molto simili. Achille Fornasini ha fornito un quadro relativo alle quotazioni sui mercati internazionali infarcito di segni «+».

A partire da quelle del petrolio che, dalla fine del 2016 e complice la virata della politica dell’Opec, hanno evidenziato straordinari rialzi. Un’ascesa che ha riportato in auge anche lo shale oil, ridisegnando la geografia mondiale dell’oro nero. Ma l’aumento straordinario dell’offerta – ricordiamo a tale proposito che gli Stati Uniti hanno superato in volumi la produzione dell’Arabia Saudita –, non adeguatamente sostenuto da un incremento della domanda, potrebbe, secondo il Chief Analyst di Siderweb, portare ad un passo indietro dei prezzi del barile.

Anche l’energia ha ingranato negli ultimi due anni la marcia alta – +60% dell’indice composito energia e materie prime – così come i metalli, straordinari protagonisti di questo boom. E, ancora più curioso, i metalli preziosi, abitualmente considerati beni rifugio degli investitori, hanno al contrario evidenziato una marcia più tranquilla.

E così sia le ferroleghe – con vette del +344% della quotazione del vanadio -, i non ferrosi, il nickel, che ha guadagnato il +59,2% in due anni, il rottame inox con un +38,4% hanno mostrato veri e propri picchi.

Anche per le materie prime legate alla produzione di acciaio al carbonio la musica non è diversa. Il minerale di ferro si è apprezzato del 36,6% da ottobre, e segue le fiammate dell’ultimo biennio del coke. I coils hanno premuto sull’acceleratore senza sosta, con rincari negli ultimi due anni del 116,8% per i FOB Shanghai e del 131% per i FOB Black Sea. Medesimo trend per il rottame che sale del 92% in Turchia e del 68% in Italia.

A ciò si deve necessariamente aggiungere il rincaro dei lunghi, frutto dei boom delle quotazioni anche di elettrodi e refrattari.

«Il 2017 è stato un anno di reale svolta – ha commentato Paolo Pozzato, presidente del sindacato Rottami di Assofermet -, con numeri in straordinaria crescita sia per le acciaierie che per i commercianti di rottame. Per quest’ultima categoria, inoltre, va segnalato il ritorno agli investimenti, dopo anni di profonda difficoltà».

Anche questo 2018, secondo Pozzato, si è aperto con deciso ottimismo: «Registriamo una grande richiesta da parte delle acciaierie che stanno anche preparando il terreno per costituire magazzini completi. A tale proposito registro strategie volte alla verticalizzazione da parte dei nostri clienti, così come acquisti spot di rottame da player esteri».

E stando a quanto emerso dall’analisi tecnica condotta da Achille Fornasini, almeno in termini di quotazioni, per la siderurgia i mesi a venire vedranno trend complessivamente in linea con gli attuali. Seppur in presenza di correzioni, ma sempre nell’ambito di una fase laterale.

 

 

 

 

Fonte: siderweb.com