Skip to main content

Con l’invio del Recovery Plan a Bruxelles, si entra di fatto nella sua fase operativa. siderweb ha chiesto al presidente di Federacciai Alessandro Banzato una valutazione del documento targato Mario Draghi, che dovrebbe aiutare l’Italia a imboccare e percorrere la via del “cambiamento”.

Presidente Banzato, che impressione ha in termini generali del Recovery Plan targato Draghi?
Ci avessero presentato un documento del genere prima della pandemia avemmo detto che si trattava di un libro dei sogni frutto della fantasia di un lucido visionario. Ed invece è una realtà che rappresenta un effetto collaterale positivo della pandemia in corso. Complimenti a Draghi, ma non dimentichiamo pure i meriti del Governo precedente che, negoziando in modo serio e determinato, ha aiutato l’Europa a risvegliarsi da un torpore che durava da troppo tempo.

Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha indicato nelle “semplificazioni” il primo passo da fare, è d’accordo?
Ha perfettamente ragione. Se ti venisse data la possibilità teorica di viaggiare a 160 all’ora in autostrada ma poi ti piazzassero un casello ogni due chilometri è ovvio che non arrivi mai in tempo alla meta. Consideriamo inoltre che gli impegni che vengono assunti con il Recovery non riguardano solo le attività da sviluppare, ma anche i tempi di attuazione. Se non si faranno le cose annunciate nei tempi concordati i soldi non arriveranno e questa sarebbe veramente una beffa.

Secondo lei da dove si dovrebbe partire per sostenere la siderurgia?
Per la siderurgia – come per tutti i settori energivori – sono previsti obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2030 molto ambiziosi. Non a caso siamo definiti settori “hard to abate”. Il salto che dovremo fare per raggiungere gli obiettivi dati non può che essere sostenuto in modo significativo dal Governo, anche perché alcune delle possibili soluzioni – per citare un esempio la cattura e l’immagazzinamento o riutilizzo della CO2 – esulano dalle capacità finanziarie di ogni singola azienda e si tradurrebbero in un appesantimento dei costi che renderebbe impossibile la produzione di acciaio in Italia e in Europa. La digitalizzazione, l’avvio di grandi e piccole opere, il sostegno alla ricerca, sono cose molto importanti, ma la decarbonizzazione è indubbiamente il terreno dove occorre il maggiore sostegno, come peraltro già avviene in altri Paesi europei. A complemento sarebbe inoltre necessario adottare a livello europeo misure come il Carbon Border Adjustment Mechanism, perché la partita non si gioca solo a livello locale, ma ha una dimensione globale.

È d’accordo con la possibile sospensione del codice degli appalti per il rilancio dei cantieri?
È come per le semplificazioni. Per fare bisogna eliminare i “lacci e lacciuoli” che nei migliori dei casi hanno rallentato le opere e nei peggiori (e non sono pochi) bloccano i cantieri a tempo indeterminato. Basta allinearsi alle normative europee che sono molto più snelle. La cultura del sospetto che porta a dire che è meglio non aprire cantieri perché dietro agli appalti si può celare il malaffare deve finire ed essere sostituita dalla capacità di controllare e sanzionare in tempi brevi chi commette degli abusi.

C’è invece qualcosa che non la convince?
Le perplessità che ho sono legate a quanto mi convince di più, ovvero rispetto alla poderosa mole di riforme messa in cantiere. Sono anni che le invochiamo e le aspettiamo ed è lecito dubitare che in quattro e quattr’otto si realizzino. Bene ha fatto Draghi a richiamare tutti i parlamentari sulla responsabilità che hanno di fronte alla storia del nostro Paese. Il timore è infatti che i soliti giochini di veti incrociati di maggioranze a geometria variabile portino le riforme ad affondare lentamente nelle sabbie mobili. Ricordiamoci, inoltre, che siamo a legislatura avanzata e che le elezioni sono sempre dietro l’angolo.

In cosa ritiene che anche l’industria italiana e in particolare siderurgica debba “crescere” per poter cogliere appieno tutte le potenzialità che i fondi Recovery rendono realizzabili?
L’industria siderurgica e l’industria italiana devono crescere nella capacità di fare sistema. Questa è una fase che o si vince insieme o si perde tutti. Legittimi personalismi o tatticismi devono essere lasciati da parte per fare un vero gioco di squadra estendendo al massimo il concetto di filiera.

 

FONTE: SIDERWEB.COM