Come stanno affrontando l’emergenza-coronavirus i governi dei Paesi principali produttori di acciaio al mondo? Per ora in ordine sparso, anche se si va verso una convergenza all’insegna delle restrizioni agli spostamenti e agli assembramenti. Con una sola eccezione. Di seguito, in breve, le principali misure prese dai vari Stati ad oggi (17 marzo).
Cina – Nel giorno in cui per la prima volta i decessi per coronavirus nel resto del mondo superano quelli registrati in Cina, nel Paese asiatico il picco dell’epidemia sembra ormai alle spalle. Ieri (16 marzo) i nuovi contagiati cinesi sono stati soltanto 21, molti dei quali provenienti da Paesi esteri. Proprio per arginare il fenomeno dei “contagi di ritorno”, è in vigore a Pechino una nuova stretta: per tutti gli arrivi di voli internazionali nella capitale è stato previsto il periodo di quarantena obbligatorio in strutture dedicate. Saranno esentati dalle nuove procedure soltanto alcuni casi speciali, tra cui donne incinte o persone che necessitano di specifiche cure mediche, che invece potranno osservare l’auto-isolamento nelle proprie abitazioni (se residenti).
India – Nonostante i pochi casi riscontrati sinora (129), l’India sta iniziando a mobilitarsi contro il coronavirus. Le prime decisioni di New Delhi, oltre l’inizio di una campagna informativa sui rischi del virus e sulle modalità di contrasto al contagio, vanno nella direzione di costringere ad una quarantena obbligatoria tutti i passeggeri in arrivo da Emirati Arabi Uniti, Qatar, Oman e Kuwait e di vietare gli arrivi dei passeggeri da Ue, EFTA, Turchia e Regno Unito. Inoltre, sono state imposte restrizioni ai movimenti nei Paesi confinanti (Pakistan, Bangladesh, Myanmar, Bhutan e Nepal). Infine, è stata richiamata l’applicazione di una legge di fine Ottocento (l’Epidemic Diseases Act), che impone una serie di restrizioni alla socialità, come il divieto di assembramento di più di 50 persone fino al 31 marzo, divieto valido anche per manifestazioni politiche, culturali, sportive e religiose.
Giappone – Il Paese del Sol Levante si è mosso il 13 marzo, approvando una legge per la lotta al coronavirus. Questa misura si integrerà con la legge emergenziale del 2013, relativa a misure straordinarie di contrasto alla diffusione di malattie infettive, varata a seguito del terremoto, dello tsunami e dell’incidente nucleare della centrale di Fukushima del marzo 2011. La norma stabilisce che, entro certe condizioni, il primo ministro può dichiarare lo stato di emergenza, indicandone durata e aree coinvolte. Una volta dichiarato lo stato d’emergenza, i governatori locali potranno deliberare provvedimenti relativi alla limitazione della libera circolazione dei residenti e vietare o restringere l’utilizzo delle strutture scolastiche e più in generale di tutte quelle che possono accogliere un numero elevato di persone. A questa legge è stata fissata una scadenza: il 31 gennaio 2021.
USA – Dopo aver minimizzato, Washington schiera l’artiglieria. Nel weekend, il presidente Trump ha annunciato lo stato di emergenza degli USA, una condizione che prevede la stretta sullo screening dei test negli aeroporti, il coprifuoco degli esercizi pubblici e il divieto di organizzare eventi con più di 50 persone. Ciò si somma alla chiusura dei voli verso l’Europa (Regno Unito escluso). Mentre alcuni Stati adottano misure più stingenti (come la chiusura dei casinò di Las Vegas e delle scuole, dei cinema, dei ristoranti e dei bar di New York), la Fed annuncia l’abbattimento del tasso di sconto ed un impegno per l’acquisto di 700 miliardi di dollari di titoli di stato.
Corea del Sud – Prosegue sulla sua strada la Corea del Sud, che si è distinta sin dalle prime battute per un approccio radicalmente diverso rispetto a quello cinese (e a quello emergente europeo). Seul ha investito sui test, eseguendone un numero elevatissimo e facendo circolare al massimo le informazioni. In questo modo, pur senza limitare i movimenti della maggioranza della popolazione, il Paese è riuscito a contenere i contagi al di sotto di quota 10.000, facendo peraltro registrare un bassissimo numero di morti (81 contro gli oltre 1.800 italiani). Il successo (per ora) dell’approccio sudcoreano è anche da far risalire ad un estremo ordine della popolazione locale, che ha seguito in modo ferreo le indicazioni, in particolare quelle legate all’auto-isolamento, da parte delle autorità. Al momento il numero di nuovi casi in Corea è molto limitato (sotto le 100 unità al giorno), anche se preoccupa un nuovo focolaio che si è manifestato in questi giorni a Seul.
Russia – Chiusura dei confini. In Russia si combatte così il coronavirus. Il primo ministro Mikhail Mishustin ha infatti dichiarato: «abbiamo mano a mano chiuso i nostri confini in relazione alla pandemia. Prima di tutto con la Cina e altri Paesi asiatici che sono stati i primi ad affrontare questa minaccia. Abbiamo limitato il traffico aereo verso i Paesi dell’UE quando il virus ha iniziato a diffondersi e successivamente abbiamo bloccato il flusso di stranieri: sono stati fermati il collegamento ferroviario con la Lettonia, la Moldavia e l’Ucraina è stato annullato anche l’attraversamento del confine con la Polonia e la Norvegia. Abbiamo anche deciso di chiudere il confine con la Bielorussia, abbiamo adottato una serie di altre misure proattive». La commissione governativa che coordina la risposta della Russia al coronavirus ha annunciato inoltre un piano da 300 miliardi di rubli per contrastare il collasso economico. Ad oggi la Russia conta 93 contagiati.
Germania – Un piano all’italiana. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha annunciato misure forti contro la diffusione del coronavirus, varando un provvedimento che prevede restrizioni ai movimenti nel Paese, la chiusura di quasi tutti i negozi – con l’eccezione degli alimentari, delle banche e di altri servizi essenziali – nonché il divieto di viaggiare dentro e fuori il Paese. Chiuderanno bar, club, discoteche, musei, teatri, sale da concerti, fiere, cinema, parchi, attività sportive all’aperto, parchi gioco per l’infanzia, piscine, palestre e altre strutture sportive. Inoltre, sono vietate le riunioni in luoghi di fede. Rimangono aperti gli alimentari, i supermercati, gli uffici postali, le banche, i benzinai e le edicole.
Turchia – Per ora solo 47 casi positivi sul territorio turco. Ma la diffusione internazionale del virus ha spinto Ankara a muoversi: il presidente Recep Tayyip Erdoğan ed il ministro delle Finanze e del Tesoro Berat Albayrak hanno annunciato un piano di sostegno all’economia, in particolare per i settori più colpiti dalla crisi. Oltre all’aspetto economico, la Turchia ha sospeso i voli verso alcuni Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Norvegia, Danimarca, Svezia, Belgio, Austria ed Olanda) ed ha chiuso bar, nightclub, scuole, farà disputare gli eventi sportivi a porte chiuse ed ha prescritto ai cittadini di ritorno dall’estero un periodo di auto-isolamento volontario.
Brasile – Uno dei pochi governi che non sembra allarmarsi per il coronavirus è quello del Brasile, dove il presidente Bolsonaro è stato aspramente criticato per non aver rispettato l’autoisolamento che gli era stato prescritto dopo che vari membri del proprio staff erano risultati positivi al tampone. Proprio Bolsonaro nei giorni scorsi ha affrontato un vero e proprio bagno di folla a Brasilia, non rispettando alcuna prescrizione medica contro la diffusione del contagio. A livello locale, i governi di alcuni stati brasiliani stanno prendendo misure simili a quelle europee (con il blocco dello sport e la chiusura dei bar), ma a livello federale non risultano particolari decisioni prese dal governo. D’altronde proprio Bolsonaro in un recente viaggio a Miami aveva definito il coronavirus «media fantasy».
Iran – Uno dei Paesi che sta soffrendo maggiormente per l’epidemia è l’Iran, con circa 15mila contagi e 900 morti. Proprio per questo motivo le autorità del Paese hanno chiesto alla popolazione di restare a casa, mentre, diversamente alla maggioranza dei Paesi alle prese con l’infezione, al momento le frontiere rimangono aperte.
FONTE: SIDERWEB.COM