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Oltre agli spunti lanciati dall’ultimo webinar di siderweb, sulla stampa nazionale ampio spazio è stato dedicato alle prospettive e problematiche legate al mercato del petrolio. Sebbene il rendimento negativo dei future di lunedì 20 aprile sia rimasto un caso isolato, ora gli scambi sono intorno ai 10 dollari al barile, la crisi di quello che un tempo era definito oro nero rischia di avere strascichi anche più pesanti del Covid sull’economia mondiale.

Molti Stati infatti basano quasi interamente i propri bilanci sulla vendita della materia prima e quando il prezzo passa da 60 a 10 dollari al barile, l’impatto sulle entrate risulta più che significativo.

Proprio il nervosismo e la divisione tra i Paesi produttori sembrano alimentare questo clima di incertezza, a cui si aggiungono le notizie di silos e riserve completamente colmi negli Stati Uniti, riusciti fino ad ora a sostenere la produzione, ma che ora dovranno affrontare la questione con strumenti nuovi.

Non è nemmeno da escludere che a questo punto Donald Trump decida di intervenire per limitare l’import di greggio, come fatto con acciaio e alluminio, con l’obiettivo di aumentare i consumi della materia prima autoprodotta anche se a costi superiori rispetto ai prezzi di mercato.

Il crollo visto nell’ultimo mese rende però evidente che ormai la finanza ha deciso di uscire dagli scambi di greggio lasciando le quotazioni in balia del consumo reale praticamente azzerato dalla pandemia.

Difficile capire quale potrà essere l’andamento dei prossimi mesi, troppe le incognite in campo: andamento del contagio, intese statali, provvedimenti protezionistici. Sicuramente se su almeno uno di questi punti venisse fatta chiarezza si potrebbe mettere un deciso freno alla discesa.

Pare un bazooka senza munizioni invece il Recovery Found che l’Ue vuole mettere in campo. L’accordo sullo strumento c’è, il problema sono modalità, fondi e tempi. Sebbene la presidente Ue Ursula von der Leyen sia pronta già il 29 aprile a presentare il proprio progetto, la decisione di legarlo al bilancio Ue in partenza nel 2021, i mille miliardi potenziali su cui però non vi è ancora intesa e la spinta dei Paesi del Nord per privilegiare prima l’utilizzo delle forme di sostegno esistenti, rischiano di lasciare lo strumento senza munizioni, e di lasciare i Paesi che ne avrebbero più bisogno, Italia, Francia, Spagna e Portogallo, soli nella gestione della crisi. Uno scenario che per essere scongiurato vedrà come fondamentale la mediazione del Governo.

 

FONTE: SIDERWEB.COM

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