Sembra essere durato poco il taglio di capacità produttiva cinese. Al di là di tanti proclami e di alcune chiusure effettive, una recente analisi di MySteel, ripresa da alcuni portali finanziari americani, parla di un riavvio nel 2016 di 41 impianti siderurgici dalla media di 1,2 milioni di tonnellate annue ciascuno, che porterebbero ad un recupero di capacità produttuva rispetto all’anno precedente di 50 milioni di tonnellate.
Poche se si pensa ai quasi 804 milioni di tonnellate che la Cina ha prodotto lo scorso anno, la tante se si pensa che sono quasi quattro mesi di produzione di tutte le acciaierie europee messe insieme.
Uno degli estensore della ricerca, Xu Xiangchun, ha dichiarato al periodico on-line Financial Review: «Se il mercato è buono perché non riaprire gli impianti?», precisando che le acciaierie che non saranno riaperte sono solo quelle che hanno un grande indebitamento e seri problemi ambientali.
Il rovescio della medaglia è però anche quello che porta a dire: perché riaprire impianti in un paese la cui domanda interna è di molto inferiore all’offerta delle acciaierie rimaste attive?
Nonostante le riaperture, secondo le fonti governative cinesi, l’output annuale del Dragone dovrebbe assestarsi per il 2016 al di sotto degli 800 milioni di tonnellate. In pratica un calo del 3% rispetto all’anno precedente.
Resta comunque ancora da capire se queste riaperture avranno impatto sulle importazioni mondiali, nonostante molti paesi come gli Usa e l’Ue abbiamo preso dei provvedimenti antidumping per cercare di frenare l’avanzata dei volumi di acciaio prodotto nei paesi asiatici ed in particolare in Cina.
Fonte: siderweb.com