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Documento positivo, ma con qualche campanello d’allarme.

Il presidente del sindacato acciai di Assofermet Tommaso Sandrini preferisce soffermarsi sui punti di forza piuttosto che su quelli di debolezza del documento sulla siderurgia varato mercoledì 16 marzo dalla Commissione Europea.

 

Il bicchiere mezzo pieno
«Francamente mi aspettavo un documento più morbido – spiega Sandrini – invece su alcuni temi la Commissione Europea ha fatto un’ottima dichiarazione d’intenti. Ottima anche per mandare un segnale forte e chiaro ai vari Paesi che esportano nell’Ue, avvertendoli dei cambiamenti radicali e a breve della situazione. Ritengo particolarmente significativo il passaggio in cui si esplicita che l’Ue farà tutto il possibile per mantenere la sostenibilità della produzione di acciaio in Europa. Inoltre è molto importante anche il passaggio in cui si dichiara di voler “snellire” le procedure di consultazione con i vari Paesi membri, andando a porre rimedio ad un limite che in passato ha inficiato concretamente la competitività dell’acciaio europeo».

 

Alcune perplessità restano
Se questi sono gli elementi positivi, Sandrini evidenzia anche qualche timore su passi falsi che potrebbero rischiare di rendere vano quanto di buono dichiarato nel documento.
«Il primo elemento di perplessità – aggiunge Sandrini – è il continuo riferimento all’industria energy intensive. Credo che la partita sia più complessa e non si giochi solo sul fronte dei costi energetici. Ritengo che si debba dare egual peso anche alle tematiche ambientali, di sicurezza e di diritto sul lavoro: aspetti che il documento affronta in una forma forse troppo vaga. La cosa che invece ho percepito come una doccia gelata è stata la dichiarazione conclusiva sulla parte dedicata alla concessione del Mes alla Cina. In particolare, il passaggio in cui si spiega che anche in caso di concessione dello status si prevede un periodo transitorio in cui potrebbero restare in vigore misure di autotutela. Una dichiarazione che mi fa pensare che una decisione l’Ue l’abbia già presa e che vada nella direzione che considero sbagliata. Se sul tavolo c’è l’interrogativo rispetto al fatto che la Cina sia un’economia di mercato, è evidente che la risposta sia negativa. Qualora la strada scelta sia quella di adottare eventuali soluzioni intermedie credo che comporti dei rischi di danneggiare le aziende e addirittura di rendere vano il progetto di revisione degli strumenti di tutela commerciale annunciati in precedenza».

 

Il giudizio complessivo è positivo
Sui temi di ambiente, sicurezza e diritto al lavoro Sandrini invoca una maggiore incisività e forse la necessità di una regia comune meglio organizzata proprio a da parte dell’Ue che al momento ha «liquidato» le tre tematiche in maniera forse un po’ fumosa.
«Starà anche a noi come stakeholder proseguire con l’opera di sensibilizzazione delle istituzioni europee sia sul tema del Mes alla Cina che delle tematiche abbozzate –conclude Sandrini. Ritengo inoltre apprezzabile l’intento manifestato dall’Ue di farsi portavoce a livello internazionale della ricerca di una possibile soluzione condivisa del problema overcapacity. Tuttavia non mi aspetto grandi successi su questo fronte. Rinnovo il mio giudizio positivo sull’impianto generale del documento e soprattutto nelle politica di salvaguardia dei prodotti. Ritengo però che questo possa aprire le porte ad uno step ulteriore, ad un passaggio che porti a riflettere anche sull’effetto della globalizzazione sul mercato europeo. C’è, infatti, bisogno anche di una crescita culturale a livello europeo volto ad una maggiore e più capillare conoscenza delle caratteristiche della produzione europea. Elementi che, se conosciuti a fondo, possono essere motivo per il quale la scelta degli acquirenti possa ricadere proprio su questa merce, a discapito di altre di provenienza diversa. Il sistema in un confronto selvaggio rischia il collasso».

 

 

Fonte: siderweb.com

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