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News 2006

Viaggio nei “numeri” del gigante asiatico tra aumenti produttivi e rischio di overcapacity

By 16 Febbraio 2006No Comments

Un gigante in piena crescita. Con queste poche parole si può sintetizzare la posizione della Cina sul mercato siderurgico mondiale. Un colosso che produce e consuma oltre il 30% dell’acciaio mondiale, che è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni e che non accenna a fermare la sua corsa. Siderweb propone un breve “viaggio” nell’industria dell’acciaio cinese, per comprendere meglio il fenomeno-Cina e per cercare di capire cosa ci aspetta nei prossimi anni.

Il Dragone d’acciaio crescerà ancora
Il 2005 si chiuderà contando sul territorio cinese ben 599 altiforni contro i 487 di solo due anni prima: è l’emblema di un Paese siderurgico in forte accelerazione. La prova, nel caso in cui ce ne fosse bisogno, sta tutta nella capacità produttiva generata dal processo integrale: 218,6 milioni di t/a di acciaio nel 2003 (per 216.000 metri cubi) contro i 313 milioni di t/a del 2005. Di più: il Dragone non rallenterà la corsa e, nel caso fossero confermati e messi in opera gli investimenti fino ad oggi annunciati, nel 2010 potrà contare su ben 652 altiforni per una potenza di fuoco stimata dal Cisa (China Iron and Steel Association) in 391 milioni di tonnellate l’anno di acciaio. È un processo di espansione che sembra sfuggire di mano alle Autorità cinesi nonostante le politiche di crescita, compresa quella siderurgica, siano state dettate nel corso di quest’anno. È un processo per buona parte estrinseco ai membri della Cisa che, da parte sua, vedrà ridurre il proprio “peso” nel sempre più ampio contesto nazionale.

La produzione da altoforno
A partire dal 2003 fino a tutto il 2005, la capacità produttiva da ciclo integrale avrà messo a segno una crescita del 43% composta per il 35% dalle aziende appartenenti alla Cisa (quindi più “monitorabili”) e per una parte molto più corposa da produttori non aderenti all’associazione. Dal punto di vista geografico, l’espansione (112 altiforni nuovi nel 2003-2005 per una capacità di 94 mln t/a) risulterà essere diretta per il 48,1% nella Cina dell’Est, per il 18,6% nel Centro-Sud e per il 9,1% nella Cina del Nord. Spostando l’orizzonte al quinquennio 2005-2010, altri 53 altiforni (78 mln t/a) prenderanno la strada dell’Est per il 39,7%, del Centro–Sud per il 22,8% mentre il resto andrà a nord.
Mantenendo il periodo di osservazione centrato sul periodo 2003-2005 e dividendo l’incremento della capacità produttiva da altoforno (94 mln ton) in base alla grandezza dell’altoforno stesso, è emerso quanto segue:

il 33,12% dell’incremento (31,14 mln ton) deriva dai forni compresi tra i 300 e 500 metri cubi;

il 27% (25,45 mln ton) dai forni compresi tra i 1.000 e 2.000 metri cubi;

il 16,4% (15,4 mln ton) da quelli compresi tra i 2.000 e 3.000 metri cubi.

Spostando invece l’osservazione al periodo 2005-2010 (78 mln ton di incremento di capacità produttiva):

43,2% (33,85 mln ton) dai forni compresi tra i 2.000 e 3.000 metri cubi;

27,2% (21,28 mln ton) dai forni compresi tra i 1.000 e 2.000 metri cubi;

29,6% (22,87 mln ton) dai forni compresi tra i 300 e 500 metri cubi.

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La produzione da forno elettrico

Nel 2003, la capacità produttiva generata dai 324 convertitori e dai 195 forni elettrici è stata di 247 milioni di tonnellate. Nel 2006 la capacità salirà a 366 milioni di tonnellate per raggiungere i 445 milioni di tonnellate nel 2010. Il “peso” dei forni elettrici sulla produzione sarà progressivamente minore e passerà

dal 16,7% del 2002 al 14,25% del 2003 fino al 10,9% del 2005 e, secondo anticipazioni, al 9,4% del 2010.
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Prodotti piani
Analizzando più in profondità il mercato dei prodotti piani, si possono trovare marcate differenze nel bilanciamento domanda-offerta tra i singoli prodotti. Le lamiere medie a freddo e gli zincati sembrano essere i prodotti più in difficoltà, mentre per i rivestiti la situazione appare lievemente migliore. Le lamiere a freddo, invece, godono di una congiuntura positiva.
Nel 2005, la domanda di lamiere medie a freddo è stata nettamente inferiore alla capacità produttiva installata: mentre la prima ha raggiunto i 36 milioni di tonnellate, la seconda si è attestata a 46,94 milioni di tonnellate. Molto elevato anche l’eccesso di capacità installata nello zincato. Per una domanda di 12,6 milioni di tonnellate annue, infatti, la Cina dispone di impianti per un totale di 28,68 milioni di tonnellate. Per il futuro, però, è prevista una riorganizzazione del segmento: la struttura produttiva cinese, infatti, è composta soprattutto da linee di zincatura medio-piccole, mentre la richiesta spinge per linee di zincatura di alto livello.
La domanda di rivestiti è stata di 4,5 milioni di tonnellate nel 2005, con una capacità produttiva installata di 7,3 milioni di tonnellate. Due aspetti, però, contribuiranno a migliorare il rapporto domanda-offerta. Innanzi tutto la scarsezza degli investimenti in questo campo. In secondo luogo la chiusura graduale di un gran numero di linee di rivestitura di piccole dimensioni.
Situazione opposta per le lamiere a freddo, dove la domanda (62,7 milioni di tonnellate) è ancora superiore all’offerta (55,32 milioni di tonnellate). Ciò nonostante, grazie alle importazioni, questo mercato attualmente risulta bilanciato.
Per il prossimo futuro, inoltre, sarà da verificare l’impatto dei nuovi impianti in fase di costruzione: tra il 2005 ed il 2010 si stima che entrerà sul mercato una nuova capacità produttiva di 19,3 milioni di tonnellate di lamiere a freddo.
Acciaio & ambiente
Qual è il grado di sostenibilità ambientale della siderurgia cinese? Se da più parti si accusa l’industria dell’acciaio cinese di avere una scarsa attenzione al tema, nell’ultimo periodo si notano alcuni segni di cambiamento.
Il governo cinese, infatti, nelle linee guida per il settore dell’acciaio pubblicate lo scorso luglio ha iniziato a porre l’attenzione sull’inquinamento e sul consumo di energia elettrica e di materie prime. L’esecutivo renderà più difficile l’accesso al mercato per le acciaierie più antiquate e meno efficienti dal punto di vista del consumo energetico e dell’utilizzo di materie prime. Anche se questo provvedimento ha un’evidente ispirazione economica in quanto punta a rendere il settore più concentrato e il sistema Cina più competitivo, sicuramente ci saranno ricadute positive dal punto di vista ambientale.
Un altro punto a favore della “questione ambientale” è rappresentato dalla delocalizzazione entro la fine del 2007 del polo produttivo di Shougang, attualmente a soli 17 chilometri da Pechino, nella regione di Hebei. Shougang oggi è considerata una delle principali responsabili del fortissimo inquinamento dell’aria che sta affliggendo la capitale cinese e, sebbene anche per motivi di immagine (a Pechino si terranno le Olimpiadi del 2008), sicuramente lo spostamento dell’acciaieria e la riapertura con impianti di nuova generazione contribuiranno a migliorare l’impatto ambientale della siderurgia cinese.
Per concludere, quindi, possiamo notare che, seppur timidamente, la “coscienza verde” della siderurgia cinese sta muovendo i primi passi. Anche se, bisogna ricordarlo, al momento le priorità dell’acciaio cinese sembrano essere ben altre: miglioramento dell’efficienza, diminuzione dei costi e concentrazioni.
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