L’acciaio, come altre materie prime, ha visto un fortissimo incremento di prezzo nei primi mesi del 2021; incrementi che però variano a seconda di qualità, tipologie di prodotto e impiego. Per questo abbiamo chiesto al Chief Analyst & Partner di siderweb Achille Fornasini come si siano comportati gli acciai legati, impiegati principalmente dell’industria fusoria.
Professor Fornasini, nei primi mesi del 2021 abbiamo visto un sensibile incremento di prezzi per gli acciai al carbonio. Anche per gli acciai legati è stata registrata una dinamica simile?
Non poteva essere altrimenti: sebbene le cariche delle fonderie di acciaio siano molto eterogenee in funzione delle diverse tipologie di produzione, il rottame ne rappresenta l’ingrediente principale. E sebbene il livello qualitativo del rottame ferroso impiegato nella produzione di acciai comuni e di acciai speciali sia altrettanto diversificato, i prezzi si sono mossi in modo altamente concordante.
Dopo l’aumento medio del 12,5% registrato nel 2020, nel primo trimestre del 2021 il rottame ferroso ha espresso un ulteriore incremento medio del 29,8%. È evidente che, pur trattandosi di una variazione percentuale generica e mediata, una tale componente di costo ben rappresenta quella base sistematicamente incrementale sulla quale si innestano ulteriormente gli aumenti degli alliganti.
Quali sono stati gli elementi delle varie leghe ad aver fatto segnare i rialzi più importanti?
Com’è noto, gli acciai legati si suddistinguono convenzionalmente in basso-legati e in alto-legati secondo la percentuale di alliganti presente nella loro composizione al fine di influenzarne le proprietà attraverso modificazioni mirate delle caratteristiche chimico-fisiche.
Tra i componenti che qualificano sia gli acciai basso-legati sia quelli alto-legati il Rame è l’elemento che segna l’aumento maggiore: +50,6% da inizio 2020 anche se nelle ultime due settimane dà segni di cedimento (-3,1%). Segue il Silicio con un +36,4% grazie soprattutto al +27% registrato nel primo trimestre di quest’anno. Altri elementi – come il Nickel, il Cromo e il Manganese – da inizio 2020 esprimono aumenti compresi nel range 15-25%. Passando all’escalation delle quotazioni riferite ai caratteri più distintivi degli acciai alto-legati, dai livelli fissati a gennaio 2020 ai valori correnti si segnalano nell’ordine: il Titanio (+82,8%), il Cobalto (+64,3%), il Vanadio (+54,2%), il Molibdeno (+29,3%) e il Tungsteno (+19%).
Gli indicatori tecnici che fotografia danno del trend registrato finora? Siamo di fronte ad una dinamica di ipercomprato con un prossimo rifiato, oppure le quotazioni potrebbero salire ancora?
La situazione riguardo ai prezzi delle ferro-leghe è diversificata ed è oggettivamente arduo tentare una generalizzazione.
Ci sono situazioni ancora caratterizzate da livelli di estremo ipercomprato, che sottendono una pressione d’acquisto potente e persistente: in questo contesto rintracciamo il Rame, il Manganese, il Silicio, il Titanio e il Cobalto. In questi casi è lecito attendersi temporanee correzioni destinate a riequilibrare i rispettivi mercati. Come è già accaduto, per esempio, al Cromo, al Nickel, al Molibdeno, al Vanadio e al Tungsteno: dopo le fasi rialziste che hanno caratterizzato i prezzi nel secondo semestre 2020, nel primo trimestre di quest’anno abbiamo assistito a ri-tracciamenti che hanno contribuito a moderare le dinamiche ascendenti.
In tutti i casi, trattandosi di metalli e minerali quotati in dollari, il rafforzamento del biglietto verde sta iniziando a deprimere la domanda, che dovrà tuttavia seguitare a far fronte ad un’offerta ancora assai contratta. Le tendenze rialziste di fondo appaiono dunque destinate a proseguire, almeno per un anno ancora, anche se gli eccessi saranno non di rado rettificati, costituendo altrettante occasioni per acquistare e fare scorte.
FONTE: SIDERWEB.COM