È stata un’edizione del BIR caratterizzata dall’incertezza quella andata in scena dal 5 al 7 ottobre a Londra. Nell’anno in cui il Bureau of International Recycling festeggia i 70 anni di vita, i tumulti internazionali non hanno permesso di andare oltre analisi a breve termine, che si sono orientate soprattutto su di una probabile stagnazione dei mercati.
Oltre 850 partecipanti in rappresentanza di 350 società provenienti da 51 nazioni si sono confrontati, con gli occhi puntati soprattutto su USA e Turchia.
«Nel corso delle varie riunioni è emerso che i mercati sono pesantemente condizionati dalle tensioni geopolitiche derivanti dai conflitti commerciali tra USA, Cina, Russia, Turchia, Ue e dalle incertezze sulle condizioni di uscita della Gran Bretagna dall’Europa – ha spiegato Ruggero Alocci, vicepresidente della Ferrous Division del BIR -. L’insieme di questi fattori di fatto distorce l’andamento dei mercati, non più condizionati dalla sola equazione domanda/offerta e dagli stock. È stato inoltre sottolineato che non sono ancora noti gli effetti dell’applicazione della “Section 232” sull’interscambio commerciale dei prodotti di acciaio e dei rottami tra USA, Turchia ed Europa. Anche le nuove regole applicate dalla Cina sull’import dei rottami (ma anche plastica e carta), consistenti in più rigidi criteri di accettazione delle merci da parte delle Dogane e quindi di maggiori tempi di attesa per il disbrigo delle pratiche doganali, rappresenta un effetto distorsivo dei mercati».
Sul fronte statistico i dati presentati nella tre giorni inglese hanno evidenziato come il consumo di rottame nella produzione di acciaio abbia avuto una decisa impennata in Cina, con un +105%, salendo da 62,2 a 127,6 milioni di tonnellate nel primo semestre 2018 rispetto al medesimo periodo del 2017. La crescita ha riguardato anche la Russia (+11,1%), la Turchia (+4,9%), gli Stati Uniti (+3,9%) e il Giappone (+3,9%). Nella prima metà dell’anno la Turchia si è confermata al vertice mondiale per acquisizioni di rottame all’estero con 10,77 milioni di tonnellate, il 15,5% in più dell’anno precedente. L’Europa resta il maggior esportatore con 10,74 milioni di tonnellate (+7% sul 2017), di cui quasi 6,36 milioni vanno in Turchia.
«In questo quadro – ha concluso Alocci -, gli effetti delle nuove tariffe doganali e le limitazioni del flusso di import/export riducono i margini di profitto dei trader e quindi gli investimenti ed i piani di sviluppo delle attività di recycling. I tagli delle importazioni cinesi di rottami metallici possono essere solo temporanei, ma anche risultato di un nuovo indirizzo politico che impone di riciclare ed utilizzare quanto disponibile all’interno della Cina stessa. A questo si aggiunge che gli USA hanno necessità di importare rottami di alta qualità, prevalentemente dall’Europa, e hanno aumentato l’uso della ghisa in pani e dell’HBI dei loro impianti siderurgici. Pertanto la disponibilità di rottami di alta qualità in Europa è prevista in diminuzione, alla luce anche della probabile riduzione delle produzioni automobilistiche, che potrebbe colpire la Germania nel prossimo anno. La produzione di acciaio turco infine sarà condizionata dai regimi doganali e di conseguenza anche le importazioni di rottame; è prevedibile ipotizzare un aumento delle importazioni turche di billette in sostituzione delle materie prime metalliche. Un fenomeno che in parte è già in essere. Un quadro, che salvo qualche evento geo/politico improvviso, è destinato a perdurare nei prossimi mesi».
Fonte: siderweb.com