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Tagli Opec+ e speculazione accelerano i rincari sul greggio. Nuovo rischio inflazione

Il petrolio torna a sfiorare i 100 dollari al barile (95 dollari l’ultima quotazione), spinto ancora una volta dalla speculazione finanziaria. Speculazione che, però, sta accelerando le dinamiche di crescita della domanda incrociata con il taglio dell’offerta voluto dal cartello Opec+. Morale: i prezzi salgono e potrebbero rilanciare ulteriormente l’inflazione. Dopo le bolle speculative che hanno creato fallimenti a catena, il fenomeno Usa dello shale oil, che sembrava fosse il Santo Graal per il limite al prezzo del greggio, pare ormai un ricordo. Ora ci si trova in una situazione simile a quella delle grandi crisi energetiche del passato, con l’occidente in balia dei pochi Paesi produttori.

Se il greggio sale, anche i carburanti alla pompa lo seguono, ma secondo Unem, l’associazione dei raffinatori, uno dei problemi sarebbe l’eccesso di distributori sul territorio italiano. Attualmente i punti di erogazione nel nostro Paese sono 21.700; secondo il presidente dell’organismo ne basterebbero 15.000, il che vorrebbe dire un taglio di 6.700 esercizi da riconvertire. Per Unem l’eccesso di distributori andrebbe a ridurre il ricavo medio di ogni singolo punto vendita che per sopravvivere dovrebbe mantenere il più alto possibile il costo del carburante alla pompa.

Sulle dinamiche internazionali in materia di energia e anche di petrolio, Il Sole 24 Ore affida un approfondimento al presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, che offre un punto di vista interessante incrociando economia e geopolitica.

Da segnalare infine dalle pagine internazionali del Wall Street Journal la storia di una vecchia acciaieria Usa di Pittsburgh trasformata in un impianto per la produzione e lo stoccaggio di batterie ad alta capacità che usano una tecnologia basata sull’ossidazione del ferro e la produzione della ruggine. In pratica l’elettricità, attraversando il catodo fatto di materiale arrugginito, lo riporta allo stato ferroso liberando ossigeno; ossigeno che si rilega al ferro metallico ossidandolo e creando ruggine, dando così vita ad un ciclo quasi perpetuo nel passaggio tra i due stati del metallo. Questo, combinato con un sistema fotovoltaico efficiente da installare sui tetti dei capannoni, potrebbe addirittura trasformare ogni sito industriale dismesso potenzialmente in un’enorme batteria in cui accumulare l’energia rinnovabile. Una tecnologia che, tra l’altro, esonererebbe dall’utilizzo spasmodico delle terre rare nei sistemi di accumulo.

 

FONTE: SIDERWEB.COM