Undici anni fa conobbi una famiglia americana con la quale sia loro che noi stiamo invecchiando insieme parlando di figli che crescono, soldi che non ci sono, prezzo delle case, lavoro e quant’altro faccia parte della vita.
Lui è un tenente colonnello dell’Esercito, io un vecchio militare. Ultimamente ci siamo ritrovati intorno a una giovane bara, quella di uno dei suoi due figli rientrato dall’Iraq e ucciso negli Stati Uniti dai commilitoni per futili motivi.
Sono fatti della vita. Qui però c’è qualcosa di diverso. Anche se a distanza ho seguito la vicenda scoprendo dei fatti nuovi sull’animo umano. Laddove il mio amico Tim ha sostenuto il Vietnam per più cicli di combattimento, quindi Grenada e la campagna del Kuwait nel 1990 affinandosi nell’anima e spirito, a questa generazione di combattenti, oggi al fronte, è cambiato qualcosa.
Mi spiego.
La guerra è un disordine organizzato, dove tutto si muove e tende a schiacciare l’uomo. Se questo personaggio fosse dotato di una cultura di base e valori forti a cui riferirsi, la guerra lo cambierebbe modellando in meglio. In realtà non tanto lo scontro armato, ma soprattutto le grandi tragedie della vita (la morte di un caro, una malattia, la solitudine) se si innestano su una personalità viva e forte, questa viene crudelmente ingentilita e forgiata su un livello d’umanità più evoluto.
Non che stia celebrando la guerra, ma il riferimento corre alla drammaticità della vita in ogni suo aspetto. Il concetto è: il dramma se applicato su valori e personalità complete forgia un livello di sensibilità, capacità di produrre pensiero e idee, umanità e intelletto, per livelli molto più alti rispetto a prima. Al contrario, se gli stessi eventi drammatici della vita si applicano su un vuoto di valori, congiunto a un basso livello culturale, la persona non si evolve ma precipita in un abisso ancora più profondo rispetto a quello in cui viveva.
Passando dagli USA all’Italia ricordo il figlio di un imprenditore in attività presso l’azienda di famiglia con il padre all’estero per realizzare delle importanti opere. Ebbene questo ragazzo (marito e padre) vive con “orgoglio” la sua ignoranza tanto che la qualità delle prestazioni sono puerili. I gravi eventi della “sua” azienda, non gli consentono di capire cosa stia accadendo, come e perché, restando schermato dietro un computer e l’uso ossessivo di internet.
Anche in questo caso le difficoltà non ingentiliscono l’anima, ma la trascinano ancora più in basso.
Iniziamo a trarre le conclusioni.
Il dramma della vita e anche la guerra, se applicata su una generazione a forte pressione valoriale (il riferimento corre ai genitori, di oggi che hanno 50 e oltre anni, quelli che in sociologia sono inquadrabili in una mentalità parsoniana, da T. Parsons, studioso degli anni Cinquanta-Sessanta, per cui la famiglia ha un ruolo, la donna è la compagna di un uomo senza con ciò privarla di nulla, i figli sono educati da una coppia e la Nazione ha un senso e un disegno) questa azione tende a migliorare lo spirito e l’umanità delle persone, nella loro profonda intimità.
Al contrario, gli stessi eventi su una giovane comunità affetta da nichilismo (il litigo protratto ad arte per il solo gusto di contraddire qualcuno, l’uso di stupefacenti, la ricerca ossessiva di mero sesso per consumo, l’assenza di produzione d’idee e concetti, il vivere alla giornata affrontando gli eventi come vengono) producono un senso agnostico, una privazione di concetti vitali, un’assenza di un ordine d’importanza nella successione degli eventi della vita personale, in base ai quali si dovrebbe vivere, amare, produrre, fare figli, educarli e creare pensiero condiviso.
Oggi stiamo vivendo questa divaricazione tra esperienze: chi ha saputo far tesoro della sofferenza e ha prodotto un boom consumismo negli anni Sessanta e chi è confuso, agisce senza poi capirne il senso quando è chiamato alla responsabilità (non lo sapevo, non avevo capito, mi scuso..). Abbiamo una generazione che si scusa.
Cosa ce ne facciamo di un mondo che si sa solo scusare, dopo aver guastato la propria vita e quella altrui, impasticcati di cretinate?
Serve un recupero! Fin qui siamo tutti in accordo (tranne i nichilisti) ma come ci si muove?
Pensando “alle cose belle”, mi viene in mente quell’imprenditore di Vicenza (presidente della locale Confindustria) che ha ingegnerizzato il magazzino, quindi al Preside di Milano che gira classe per classe e si siede con i ragazzi per ascoltare le lezioni. Mi vengono in mente “fulgidi” esempi di gente in gamba che si è forgiata studiando, pensando, amando, cadendo e rialzandosi.
Ecco le parole magiche.
Gente che studia anche se non ha più l’età! Persone che sanno ancora misurarsi con le idee, i concetti e i punti di vista, che ragionano senza schiamazzi, evitando lo scontro fine a se stesso, costruendo un consenso fatto di valori intorno a noi. Ciò non toglie che l’urto è sano e costruttivo quando apporta idee e non mero nervosismo, come troppo spesso accade.
Siamo afflitti da una marea di gente nervosa: cosa ce ne facciamo in famiglia come al lavoro? Ecco che rispuntano fuori i nichilisti! Basta sfogliare le pagine dei giornali dedicate alla politica ma anche ai fatti quotidiani e si trovano solo disaccordi-critica-urli-offese, ma le idee dove stanno? Cosa sarà la nostra società fra 5 mesi, 18 mesi e 3 anni, quale il progetto di crescita? Qui tutti tacciono! Un silenzio che sa di chiasso, emerge quando a un imprenditore chiedo cosa sarà della tua impresa fra 6 mesi.
Abbiamo bisogno di gente che usi il cervello. Questo “muscolo” se non lo si usa lo si perde. Per dare valore al pensiero serve studiare, pensare, confrontarsi, capire e discutere tornando a quegli stili che hanno prodotto idee. Ecco che è saggio prendere in mano un libro (quanti se ne leggono al mese o in un anno?) iscriversi a un corso (non a una conferenza di mezza mattinata) investire tempo in pensiero, idee e valori, cercandosi gente in gamba con cui invecchiare insieme o anche solo confrontarsi.
(Viva Talcott Parsons!)
************************************
Rispettando la legge sul diritto d’autore, siamo stati espressamente autorizzati da Siderweb S.p.A. alla pubblicazione di parte dei contenuti del sito www.siderweb.com.