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In Piemonte – il dato è aggiornato alla sera di lunedì – sono 1516 le persone positive al coronavirus e 111 i decessi registrati. La reazione della filiera siderurgica all’emergenza sanitaria non è stata e non è uniforme: se la valdostana Cogne Acciai Speciali ha deciso di fermare gli impianti di produzione, il complesso del tessuto produttivo siderurgico del vicino Piemonte stringe i denti e resiste.

Cesare Viganò, di ArcelorMittal CLN di Caselette (TO), infatti spiega che «nel pieno rispetto di tutte le normative, compreso il lavoro a distanza per il personale impiegatizio e dovendo anche far fronte a tassi di assenteismo superiori alla norma, stiamo lavorando al meglio delle nostre capacità».

Tarando l’attività «in base alle richieste dei clienti a valle, molti dei quali per la verità hanno ridotto, in qualche caso di molto, le loro lavorazioni e quindi gli ordinativi». Tanto che Viganò arriva a ipotizzare che «se si dovesse registrare una fermata generalizzata dei nostri clienti, potremmo essere costretti a prendere un provvedimento analogo anche noi, cosa che ovviamente auspichiamo non avvenga».

Anche Giuseppe Ferrero, titolare della torinese Tuxor, è in piena attività: «Noi siamo qui e siamo intenzionati a proseguire con il nostro lavoro quotidiano, anche per dare un segnale di ottimismo ad un Paese che oggi come non mai sembra averne bisogno».

«Ma io sono certo che da questa emergenza usciremo più forti di prima – dice con la consueta grinta Ferrero – e per questo ho scritto a tutti i nostri collaboratori invitandoli ad essere presenti al lavoro. Certo, abbiamo il problema delle mascherine che non si trovano, ma ci stiamo dando da fare» e lo sento, mentre parla al telefono con me, che si rivolge ad un suo collaboratore: «Chiamatemi il sindaco, subito!».

Poi si rivolge di nuovo a me: «Vede, noi lavoriamo con l’estero, dove l’attività non si è mica fermata e, anzi, proprio in questi giorni stiamo organizzando il trasferimento di un carico da 12mila tonnellate di tondo per cemento armato dalla Turchia (dove abbiamo ottenuto un prezzo più basso di cento euro la tonnellata) in Tanzania, parte di una fornitura da 100 milioni. Ecco perché restiamo in trincea, come sempre».ù

Alla Fomec di Mondovì (CN), racconta l’amministratore delegato Mario Gussago, «ci si è ovviamente uniformati immediatamente alla normativa relativa all’emergenza e, seppur con turnazioni ridotte e ritmi rallentati, siamo operativi. Per fortuna non registriamo problemi di approvvigionamenti e forniture, ma è chiaro che la logistica rappresenta un tema delicato».

Il fatturato, spiega Gussago, «non potrà che risentire pesantemente di questa situazione, ma in questo momento per noi è importante restare operativi e garantire ai nostri clienti il servizio al quale sono abituati, perché quando tutto questo sarà finito, dovremo essere pronti a tornare al massimo del rendimento».

Operativa, «anche se molti di noi lavorano da casa – spiega Cristina Corona – anche la Magifer di Costagliole d’Asti (AT) e il materiale da Germania e Francia arriva regolarmente. Siamo impegnati al massimo perché abbiamo attraversato un periodo difficile, ma ne stiamo uscendo e non vogliamo che questo periodo delicato ci metta in difficoltà. Certo la decisione di ArcelorMittal di non vendere più il rottame a noi italiani ci ha creato qualche problema, ma lo abbiamo reperito altrove e l’attività procede».

Tra chi tiene duro c’è anche la Borgotti di Verbania-Pallanza (VB) che, pur trovandosi in “zona rossa”, come spiega Luca Lanzalacqua, «continua l’attività di recupero di materiali e produzione di materie prime. Ovviamente altri settori dell’azienda, come il commerciale, opera da remoto e temiamo che questa situazione si protrarrà ben oltre il 3 aprile».

 

FONTE: SIDERWEB.COM