Sebbene le ragioni siano differenti, l’onda anomala che si è abbattuta sulla siderurgia italiana da ciclo integrale non ha risparmiato nessuno. E anche il futuro delle realtà in questione – Trieste Servola, Piombino e Taranto – potrebbe essere legato a doppio filo.
Nella visita di qualche giorno fa all’Ilva, il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato si è dimostrato aperto all’eventualità dell’impiego di Piombino per la fornitura di ghisa allo stabilimento tarantino in attesa che riparta, a gennaio, l’altoforno 2 – che spilla circa 2 milioni di tonnellate annue -. Una soluzione, benché temporanea, che andrebbe ad ampliare il bouquet di alternative del sito toscano, destinato, fondamentalmente, ad un bivio: la vendita a pezzi o la riconversione a forno elettrico. Pare, inoltre, plausibile l’impiego della tecnologia Corex, che utilizza carbon fossile in sostituzione del coke e del minerale di ferro, la quale risulterebbe di minore impatto ambientale e garantirebbe una riduzione dei costi del 20%. Rispetto a questa possibilità, pare che vi sia Siemens a tirare le fila, anche se ancora mancherebbe un grosso investitore per la sua realizzazione. Rispetto, invece, alla sinergia – in linea al pensiero di massima espresso dal ministro – tra Ilva e Piombino, secondo fonti sindacali, sarebbe giunta la proposta da parte del Cavalier Giovanni Arvedi il quale, dopo essersi «esposto» chiaramente in merito alla Ferriera di Servola, starebbe pensando ad una sorta di rete fra Cremona, dove ha sede la sua società, Trieste, Piombino e Taranto. Ancora nessun ulteriore dettaglio è fuoriuscito dalle presunte intenzioni del Cavaliere rispetto al progetto «a catena» per il riavvio dei tre siti produttivi.
Fonte: siderweb.com