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News 2005

I macro-cicli dell’acciaio

By 18 Ottobre 2005No Comments

L’industria dell’acciaio è ad un punto di svolta. Ne è convinto Rod Beddows (analista del settore acciaio della Ong Bank’s Natural Resources). L’Asia rappresenterà sempre più il motore del settore.

Partendo dagli anni ’50, Beddows ha individuato tre cicli nel comparto dell’acciaio. Il periodo più lontano (1950-1975) è stato caratterizzato da tassi di crescita annui medi del 6%. La re-industrializzazione della Germania e l’industrializzazione del Giappone sono stati i motori dello sviluppo. Nei 25 anni successivi (1975-2000) si è registrato un incremento annuo della produzione dell’1% in media. In questo intervallo di tempo si è avuta l’industrializzazione di alcuni paesi (come Taiwan e Corea) che, però, non sono comparabili in termini quantitativi rispetto a Germania e Giappone. Nel ciclo più recente (2000-oggi) si stanno verificando aumenti del 6% annuo, con India e Cina a condurre la crescita. Beddows ha individuato interessanti parallelismi tra la prima e l’ultima fase.
L’analista prevede che «se le aspirazioni delle nazioni in via di sviluppo saranno soddisfatte ci sarà spazio per un lungo boom ciclico, nell’ordine dei 50 anni». Nel 2003 il consumo mondiale di acciaio è stato di 849 milioni di tonnellate e nel 2015 la domanda di prodotti finiti dovrebbe toccare approssimativamente 1,413 miliardi di tonnellate, con una media annua di crescita lievemente al di sotto del 4,5%. Il motore della crescita siderurgica sarà l’Asia. Nel lungo periodo Beddows si aspetta che la Cina rimanga un importatore netto.
Nei prossimi 15 anni ci si attende, inoltre, una forte concentrazione della produzione: ci saranno cinque grandi produttori che avranno un output di 100 milioni di tonnellate annue.
Beddows sostiene che l’industria è ad un punto di svolta. Sta avvenendo un cambiamento strutturale sia in termini geografici sia in termini di consolidamento. Si passerà da un “dominio” dai player europei, nordamericani e giapponesi a un settore nelle mani di produttori di paesi emergenti. Mittal (India), Posco (Corea del Sud), Gerdau (Brasile), Tisco (India) e Techint (America Latina) sono le “avanguardie” di un cambiamento che sposterà il baricentro produttivo mondiale a sud e a est.
In termini di redditività, con una domanda in persistente crescita, la previsione è che il guadagno dei produttori (in passato piuttosto basso) sia destinato ad essere molto più elevato. Più incostante, ma più elevato. Inoltre avverrà un “migrazione” della produzione, che si collocherà sempre più vicino agli impianti estrattivi.
Quali sono i rischi di lungo periodo per l’industria dell’acciaio?
Innanzi tutto una criticità è rappresentata dalla disponibilità di materie prime. La domanda di minerale ferroso, ferma a 450 milioni di tonnellate nel 2000, tra un decennio raggiungerà gli 800 milioni di tonnellate. Dato che il rottame ferroso in media è riciclabile dopo 17 anni ed il tasso di recupero è del 55%, si ritiene probabile che la percentuale di mercato di questa materia sia destinata a scendere. In questo campo, alcuni progressi scientifici dovrebbero venire in aiuto dei produttori: in particolare lo sviluppo di tecnologie che consentano l’utilizzo di minerale a basso contenuto di ferro.
Un secondo pericolo è che i prezzi permanentemente alti dell’acciaio potrebbero portare alla sostituzione con altri prodotti. Un altro elemento di rischio è legato, infine, alla maggior volatilità delle quotazioni.

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