Siderweb propone il secondo di quattro appuntamenti sui principali boom della storia recente dell’economia. L’approfondimento di oggi analizzerà uno dei periodi divenuti simbolo dello sforzo delle istituzioni nel superare i momenti di crisi economica: il New Deal di Franklin Delano Roosevelt.
Il background – La corsa dell’economia degli Stati Uniti vissuta nel corso degli anni ’20 del Novecento (gli Anni Ruggenti) si era bruscamente interrotta nel 1929, quando con il crollo di Wall Street avvenuto nel mese di ottobre si rese manifesta quella che fu poi battezzata la Grande Depressione. Tra il 1929 e il 1933 il tasso di disoccupazione del Paese passò dal 4% al 25%, l’output manifatturiero scese di un terzo ed il prezzo dei beni agricoli crollò del 50%. Instaurandosi alla Casa Bianca, il neo eletto presidente Roosevelt promise al popolo americano un “nuovo patto” (new deal) per uscire dalla difficile situazione in cui versava la nazione.
L’evoluzione – Roosevelt stilò subito un fitto programma di interventi, spaziando sui vari aspetti della crisi, dalle banche al welfare.
Sul fronte bancario l’Emergency Banking Act portò ad un maggiore controllo sull’attività delle banche da parte del Tesoro, che stabilizzò il settore tramite prestiti federali e lo razionalizzò attraverso chiusure e fusioni. La successiva istituzione di un fondo federale garantì la copertura assicurativa dei depositi fino a 5.000 dollari. La divisa statunitense fu inoltre temporaneamente sganciata dal sistema aureo per contrastare le spinte deflazionarie dovute alla caduta dei prezzi.
Contro la deflazione si mosse anche il National Industrial Recovery Act, che puntò a ripristinare il potere di acquisto dei lavoratori tramite diverse misure, tra cui la possibilità per i lavoratori di effettuare contrattazioni collettive, e stabilendo inoltre le paghe minime e le ore di lavoro massime per diverse tipologie di attività dipendente. Il New Deal tracciò anche quelle che vengono considerate le fondamenta del sistema di welfare USA, tramite il Social Security Act, un programma che stabilì le basi del sistema pensionistico e dei sussidi alle fasce deboli. Per ridurre la disoccupazione fu creato un sostanzioso programma di lavori pubblici, che nell’arco di tre anni affidò ad imprese private più di 34.000 progetti per un valore complessivo di oltre 3,3 miliardi di dollari.
Roosevelt prestò molta attenzione anche al settore agricolo, per il quale vennero avviati diversi programmi, tra cui l’Agricultural Adjustment Act e diverse varianti successive. Tali provvedimenti mirarono a risollevare i prezzi dei beni agricoli riducendone la produzione, ad esempio sussidiando le colture di arricchimento del suolo.
L’epilogo – Nel corso del New Deal furono ottenuti sicuramente dei risultati: la produzione industriale crebbe del 55% tra il 1933 ed il 1955, il tasso di occupazione tornò ai livelli della fine degli anni ’20 ed i prezzi dei beni agricoli ebbero un significativo recupero, anche se non raggiunsero i livelli precedenti al 1929. L’economia statunitense ebbe però una ricaduta nel 1937, contro la quale Roosevelt decise di varare un piano di stimolo da 5 miliardi di dollari, sacrificando in sostanza i tentativi fatti fino ad allora di conciliare incentivi all’economia e debito pubblico.
Il New Deal ebbe inoltre un notevole impatto sugli schemi ideologici e sulle tradizioni della società americana. Diverse misure adottate da Roosevelt vennero successivamente smantellate, in quanto anticostituzionali. Da una parte la creazione di un sistema di welfare e di associazioni dei lavoratori cambiò definitivamente gli equilibri tra gli attori dell’economia USA, portando ad accuse di infiltrazione comunista nell’esecutivo. Dall’altra il deciso interventismo della politica nelle dinamiche economiche del Paese incontrò resistenze non indifferenti, con forti timori di una virata verso un’economia pianificata ed il corporativismo, elementi visti come caratteristici
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