Un piano di ambiziosi investimenti per il rilancio dell’ex Lucchini contenuti in una paginetta che questa mattina Farid Tidyani, braccio destro del patron di Cevital Issad Rebrab, ha consegnato ai segretari di Fim, Fiom e Uilm (Fausto Fagioli, Luciano Gabrielli e Vincenzo Renda). La data per il completamento della procedura di acquisto e l’entrata in possesso del polo siderurgico piombinese è fissata nel primo aprile.
Scatteranno da quel momento gli ordini dei nuovi impianti destinati a cambiare radicalmente l’assetto della fabbrica. L’obiettivo confermato dagli algerini è riportare la produzione di Piombino a 2 milioni di tonnellate, sostituendo l’altoforno, fermo dal 24 aprile dell’anno scorso, con due forni elettrici da un milione di tonnellate all’anno ciascuno. L’investimento più ravvicinato è quello dell’acquisto di un nuovo forno di riscaldo per il treno di laminazione a barre, in questo momento fuori uso. Massima attenzione al mix produttivo. Cevital intende infatti passare a 1,8 milioni di tonnellate all’anno di prodotti finiti contro circa un milione consentiti dall’assetto precedente. Per questo prevede il revamping del treno profilati piccoli per portarlo ad una capacità di 600mila tonnellate anno. Lo stesso per il treno vergella, al quale si prevede di aggiungere la produzione di bordione. In un primo momento sarà ammodernato l’attuale treno rotaie per assicurare la continuità produttiva in attesa della costruzione di un laminatoio nuovo da 600mila tonnellate, il doppio dell’attuale capacità. Non appena entrati in possesso dello stabilimento, gli algerini promettono di iniziare a gettare le fondamenta del nuovo capannone, in un’area più lontana dal centro abitato, dove saranno traferite le colate continue. In contemporanea sarà realizzata la nuova acciaieria elettrica. Non si parla invece, nel documento consegnato ai sindacati, dell’impianto di preridotto che Cevital aveva detto di voler costruire in Algeria. Partiti calcolando un piano d’investimenti di 400 milioni per la prima trance, gli algerini calcolano oggi in un miliardo e mezzo il costo complessivo, da qui al 2020, per far ripartire in pieno l’attività siderurgica, realizzare gli impianti agroindustriali e la piattaforma logistica. In cinque anni, secondo le dichiarazioni dello stesso Rebrab, l’occupazione nelle attività di Cevital a Piombino dovrebbe raddoppiare i posti di lavoro prima garantiti dall’ex Lucchini. Ma intanto è proprio il nodo dell’occupazione che da domani, ed entro il 28 febbraio, dovrà essere sciolto. Gli algerini intendono riassumere 1860 lavoratori dei 2192 in forza all’amministrazione straordinaria. Di questi, in attesa del completamento degli impianti, ne potranno essere impiegati circa 850 nella marcia dei laminatoi, per il resto è previsto il ricorso al rinnovo dei contratti di solidarietà e alla cassa integrazione. Resterebbero fuori, comunque, 332 lavoratori. Il problema verrà affrontato in una serrata trattativa tra azienda e sindacato sull’organizzazione del lavoro, reparto per reparto, il cui calendario sarò definito domani. Si dovrà arrivare, prima della firma del contratto definito di acquisto della fabbrica, alla definizione di nuovo accordo sindacale di secondo livello, visto che gli algerini hanno già annunciato l’intenzione di cancellare tutti gli accordi in essere dal 1989 in poi con i sindacati. Il clima sembra buono. “Siamo di fronte ad un Gruppo – sostiene il segretario della Uilm Vincenzo Renda – che farà di Piombino uno dei poli industriali più importanti d’Italia. La trattativa è complessa, ma ci sono le condizioni, di fronte a progetti così ambiziosi, per arrivare a un accordo”. Valutazioni positive del documento presentato stamani da Cevital vengono anche dal segretario della Fiom Luciano Gabrielli, anch’egli convinto della possibilità di arrivare ad un accordo soddisfacente per i lavoratori.
Fonte: siderweb.com