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La crisi del Canale di Suez porterà un ulteriore aggravio dei costi delle spedizioni. Sono concordi gli spedizionieri italiani sugli effetti a lungo raggio del blocco della via di comunicazione navale a causa dell’incaglio della gigantesca portacontainer Ever Given.

«Abbiamo visto che sono riusciti a sbloccare la nave, questo è certamente positivo, ma perché la situazione torni alla normalità ci vorrà almeno un mese. Nel frattempo nessuno accetta più prenotazioni nemmeno per le tratte verso l’America» commenta Sergio Mazzucchelli, co fondatore di Zaninoni.

Il blocco delle prenotazioni è stato registrato anche da Paolo Lancini, manager di Trailer. «A seguito dell’incidente vedo in arrivo incrementi del prezzo del petrolio e quindi dei carburanti, dei noli per i ritardi nelle disponibilità dei container, già oggi merce rara, e delle assicurazioni, dato che l’incidente attiverà un effetto domino anche su questo fronte».

La crisi di Suez però si inserisce in un settore, quello delle spedizioni intercontinentali, già molto provato da un incremento mostruoso nei prezzi dei noli di container, dovuto proprio alla mancanza fisica dei contenitori.

«In tutti i miei anni di lavoro, la mancanza di container è una cosa che non avevo mai visto» dice Mazzucchelli.
«La colpa è della guerra commerciale tra Usa e Cina, – punta il dito Lancini -. Le due superpotenze commerciali hanno fatto incetta di contenitori e l’Europa è rimasta a bocca asciutta. I prezzi quindi sono schizzati alle stelle. Per rendere l’idea, basti pensare che un container per la Cina nell’estate del 2020 lo si poteva pagare tra i 300 e i 400 euro; ora il prezzo può arrivare tranquillamente a 4.900 euro. Per la Tailandia a novembre 2020 si spediva anche con 3.000 euro a container, ora ce ne vogliono 12.500. Il mercato è impazzito».

Ma i problemi non sono legati solo al costo: nessuno vuole più imbarcare materiale e anche per il mese di maggio non si ha sicurezza di far partire i carichi, con un effetto a cascata che coinvolge anche la parte di filiera siderurgica abituata ad esportare.

Per quanto riguarda le possibili rotte o mezzi alternativi, tutto è ancora in divenire. Gli spostamenti su rotaia sono in parte ancora prematuri, se non per alcuni Paesi Ue dotati di infrastrutture migliori. E in rotte differenti, oltre che la variabile della lunghezza potrebbe esserci anche il problema della pirateria. Per questo è stata richiesta la protezione dei convogli da parte della Marina americana, vista la folta presenza di pirati lungo la tratta.

Al momento quindi tutti restano molto cauti e aspettano prima di avere indicazioni sulle reali tempistiche di soluzione che saranno tutt’altro che rapide, dato che dal Canale può supportare il traffico di 50/60 navi al giorno e dato che 400 sono ancora in attesa di passare.

Dovrebbero invece essere scongiurati eventuali rallentamenti per lo scarico ai porti, attrezzati anche per far fronte ad eventuali ingorghi in entrata.

«Un’ultima preoccupazione resta sullo status dei contratti in essere a fronte dei ritardi – conclude Lancini -. I clienti potrebbero chiedere la cancellazione causa forza maggiore, oppure l’applicazione di forti sconti per i ritardi. Nel caso di materiali base, come può essere un coil, anche in caso di mancato ritiro non ci sarebbero problemi a trovare un nuovo compratore. Se invece il trasporto riguardava prodotti o soluzioni tailor-made tutto si complica e gli impatti sui conti potrebbero essere importanti».

 

FONTE: SIDERWEB.COM

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