Gran parte di ciò che resta dell’industria britannica dell’acciaio lo si può trovare in località come Scunthorpe, in Inghilterra, o in città scozzesi come Dalzell e Clydebridge, vicino a Glasgow. Negli impianti, cioè, che furono di British Steel e che oggi sono di proprietà degli indiani di Tata. Tra fumi e fuochi l’ombra di un passato glorioso in cui il 40% della produzione mondiale batteva bandiera di Sua Maestà.
Poi un lento declino, accelerato dalle privatizzazioni degli anni 80, quando Londra disse no ai sussidi per imprese in perdita. Il colpo di grazia, che rischia di bruciare 5 mila dei 30 mila posti di lavoro rimasti nel settore, è arrivato però solo di recente. Agli alti costi dell’energia e alla forza della sterlina, che indebolisce le esportazioni, si è aggiunto il crollo dei prezzi dell’acciaio. Colpa del rallentamento economico globale, ma soprattutto dell’invasione del metallo “low-cost” dei cinesi: “Quel che sappiamo con certezza è che i prezzi che riescono a praticare tagliano fuori i produttori britannici”, spiega Jasper Lawler di CMC Markets. “Ora – aggiunge – chiaramente una delle ragioni è il loro costo del lavoro più basso. Lavorano con prezzi minori e, è la natura dei mercati, riusciranno a produrre sempre più e a guadagnare quote”. “Ma la sensazione è che il prezzo al quale vendono l’acciaio non sia effettivamente ottenibile nemmeno con costi così bassi. Ricevono sussidi. E questo è davvero un tentativo di destabilizzare un intero settore in Gran Bretagna e in altri Paesi”, conclude Lawler. Il problema, in effetti, tocca tutta l’Europa: da una parte un rallentamento previsto della crescita della domanda di acciaio, dall’altra una Cina la cui sola capacità in eccesso (340 milioni di tonnellate l’anno) è il doppio della produzione europea complessiva. “L’Unione europea ha imposto dei dazi sull’acciaio cinese per assicurarsi che il prezzo al consumatore sia corretto”, ricorda il ministro degli Esteri britannico Phillip Hammond. “Ma il settore ha un malessere di fondo e noi dobbiamo bilanciare il tutto con gli altri settori”, conclude. Il problema, dicono da Londra, è l’eccesso di capacità produttiva rispetto alla domanda globale. Ad ogni modo, viste le accuse di dumping contro Pechino, il governo britannico non escluso di discutere del tema durante la visita del presidente Xi Jingping.
Fonte: it.euronews.com