A seguito del successo riscosso dall’articolo “I perchè della svolta antinucleare tedesca” (clicca qui per leggere l’articolo), il Centro Studi Siderweb propone un ulteriore approfondimento sull’abbandono dell’atomo da parte del governo della Germania. Dopo l’incidente nucleare di Fukushima e la crescente pressione dell’opinione pubblica tedesca, come è noto la Germania ha deciso di chiudere tutte le centrali nucleari entro il 2022. I sette reattori più vecchi (antecedenti al 1980) sono già stati disattivati e un altro era già spento per manutenzione; questi otto impianti rimarranno da ora in poi inattivi. I restanti nove reattori nucleari tedeschi verranno spenti tra il 2015 ed il 2022.La decisione ha segnato un brusco cambio nella politica energetica della Germania, che solo un anno prima aveva sospeso un piano varato nel 2000, che prevedeva, sulla base della valutazione in 32 anni del periodo medio di funzionamento per una centrale nucleare, la graduale interruzione dell’attività delle diciannove centrali nucleari del Paese e la cessazione dell’uso civile dell’energia nucleare entro il 2020.Per sopperire alla mancanza di circa 150 TWh annui forniti dal nucleare, il governo tedesco ha deciso di puntare su fonti rinnovabili, efficienza energetica, gas e ammodernamento della rete elettrica. Cinque i punti del piano definito. Primo, incentivare la produzione da fonti rinnovabili, attualmente al 17% del fabbisogno elettrico e all’11% del fabbisogno complessivo di energia. Negli ultimi dieci anni la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili è aumentata di circa dieci punti percentuali, mentre la quota del nucleare è diminuita di sette punti percentuali (dal 30 al 23%).Secondo, riqualificare e potenziare le infrastrutture per trasportare ai centri industriali dell’ovest e del sud del Paese l’energia eolica prodotta in grande quantità al nord. La rete e i sistemi per accumulare l’elettricità e redistribuirla in maniera efficiente saranno al centro di un programma di ricerca e sviluppo, finanziato con 500 milioni di euro.Terzo, rendere il sistema elettrico più flessibile con centrali dalla produzione modulabile, capaci di coprire i momenti in cui la produzione di fonti come l’eolico ed il fotovoltaico è più bassa: il pensiero va soprattutto agli impianti a gas. Ma bruciando gas o carbone per compensare la mancanza di energia nucleare si emetteranno diversi milioni di tonnellate di anidride carbonica in più nell’atmosfera: l’ambizioso programma tedesco di ridurre del 40% le emissioni di gas serra tra il 1990 ed il 2020 dovrà probabilmente essere rivisto.Gli ultimi due punti, infine, parlano di efficienza energetica negli edifici – l’obiettivo è di ridurre i consumi del 20% in dieci anni – e sensibilizzazione dei cittadini, anche per scongiurare reazioni “nimby” contro impianti eolici ed elettrodotti.Il piano per uscire dall’atomo, che dovrebbe costare alla Germania da 1 a 2 miliardi di euro l’anno, è condiviso e accettato dalle grandi utility tedesche, ma alcune si sono dissociate: è il caso di E.ON, RWE, Vattenfal e EnBW. Queste ultime hanno anche sospeso i pagamenti al fondo per promuovere le rinnovabili creato in cambio dell’estensione della vita delle centrali nucleari. E.ON ha anche annunciato che chiederà i danni allo Stato, per una cifra dell’ordine di alcuni miliardi di euro: in un comunicato la società afferma di «rispettare la decisione del governo», ma « allo stesso tempo si aspetta un risarcimento per i danni finanziari che deriveranno da questa decisione».L’associazione di categoria delle fonti rinnovabili (BEE) sostiene che per il Paese non sarebbe difficile una definitiva uscita dal nucleare. Le fonti pulite, infatti, secondo la BEE, potrebbero soddisfare fino il 47% della domanda elettrica al 2020.Gli industriali controbattono che contare di più su fonti di energia variabili, come il vento e il sole, accresce il rischio di instabilità delle risorse energetiche. Inoltre, essi lamentano una futura perdita di competitività per l’aumento dei costi energetici.Il direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) si è detto preoccupato, perché sarebbero in gioco la sostenibilità e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’intera Europa. L’uscita dal nucleare determinerà un forte ricorso al gas naturale, che rappresenta l’alternativa più pulita rispetto al carbone, provocando un inevitabile innalzamento del prezzo. Inoltre, se la Germania inizierà a comprare grosse quantità di energia dai paesi vicini, questi saranno probabilmente costretti a pagare tasse più alte all’Unione Europea per l’aumento delle loro emissioni inquinanti. «La Germania non è un’isola», ha affermato Laszlo Varro, dell’AIE, «è al cuore del sistema energetico europeo e tutto è fisicamente interconnesso».Rimpiazzare l’energia nucleare con una quota equivalente di energia rinnovabile non sarà facile e, comunque vada, il passaggio non sarà indolore. Visto che l’eolico convenzionale (on-shore) è già abbondantemente sfruttato dove il territorio lo ha consentito, è probabile che le speranze tedesche per la produzione di energia elettrica si concentrino sul solare fotovoltaico, che oggi produce solamente il 2% dell’energia elettrica tedesca e ha dunque ampi margini di crescita. Puntando sul solare fotovoltaico e volendo evitare di pagare pegno (l’energia fotovoltaica oggi costa tre volte di più rispetto a quella prodotta con gas e nucleare), i tedeschi hanno dieci anni a disposizione per migliorare i processi industriali per la produzione di pannelli solari; creare le condizioni di mercato adatte per promuovere l’effetto di scala degli impianti; investire pesantemente in ricerca e raddoppiare l’efficienza di conversione del solare fotovoltaico e film sottile. E devono farle tutte, perché se manca una sola delle tre non va bene.Cosa succede se non ci riescono? Semplice, si trovano senza energia nucleare da vendere e con energia fotovoltaica in quantità insufficiente e a costi elevati. È molto probabile che da qui a cinque anni in Germania si farà il punto sullo stato del progetto di abbandono del nucleare, con valutazione di quanto fatto e quanto ancora da fare. Se la situazione non dovesse rivelarsi promettente per il futuro, è probabile che si deciderà per il mantenimento in funzione di alcune centrali nucleari. L’alternativa sarebbe infatti dipendere dall’estero per le importazioni di gas o di elettricità nucleare, oppure ritornare al carbone e produrre una grande quantità di anidride carbonica.
************************************
Rispettando la legge sul diritto d’autore, siamo stati espressamente autorizzati da Siderweb S.p.A. alla pubblicazione di parte dei contenuti del sito di Siderweb S.p.A.