Un 2004 da favola seguito da un brusco risveglio. E mentre i “signori della guerra”, vale dire Cina, Brasile ed India, affilano le armi, la siderurgia europea rischia di andare in carenza di ossigeno per limiti e difficoltà strutturali che gonfiano i costi. E’ la sintesi del mercato mondiale dell’acciaio vista dall’a.d. del Gruppo Duferco, Antonio Gozzi, nell’intervento tenuto ieri all’incontro autunnale del Bir. «il primo trimestre del 2005 – ha commentato – ha beneficiato dell’onda positiva dell’anno precedente. Nei tre mesi successivi abbiamo visto prezzi in calo mentre nel terzo trimestre c’è stato un “rimbalzo tecnico” degli stessi».
«L’economia mondiale in rallentamento e grande volatilità dei prezzi dell’acciaio – ha detto Gozzi – hanno portato il sentiment di mercato nell’incertezza». Le cause sono da ricercare nel rischio dell’overcapacity sulla piazza cinese «con una produzione passata dai 129 milioni di tonnellate del 2000 ai previsti 350 milioni del 2005. La Cina continua a consumare quantità enormi di acciaio ma non è da escutere che diventi un esportare netto di acciaio. Nel primi semestre dell’anno lo è già stato». «Secondo recenti analisi (studio McKinsey), l’eccesso di capacità produttiva potrebbe raggiungere i 200-300 milioni di tonnellate a partire dal 2010-2012».
Ma non si tratta solo di volumi. «Le curve di apprendimento dei nuovi players (Asia e Brasile) sono rapidissime. Ecco perché – ha spiegato Gozzi – anche i prodotti che oggi sono classificabili come “specialties” già domani saranno “commodities”». La catena del valore, in sintesi, premia non solo le nicchie di mercato, ma anche «gli anelli più a monte – ha ribadito l’a.d. -, vale a dire miniere, ricicli e recuperi». Il terreno di battagli a su cui si muovono i nuovi “signori della guerra” sono senza dubbio meno accidentati di quelli su cui si muove la “vecchia guardia” europea, statunitense e giapponese. «Il differenziale tra i due schieramenti sta crescendo. Chi dispone di vantaggi competitivi naturali sul costo di produzione gode oggi di un vantaggio abissale».
C’è spazio anche per uno sguardo alle dinamiche che potrebbero investire la siderurgia mondiale nel 2006. «Credo – ha continuato – che ci saranno solo lievi ritocchi al ribasso per il minerale ferroso mentre il prezzo del rottame resterà strutturalmente alto gravitando nell’orbita dei 200 dollari». Passando ai prodotti finiti, invece, Gozzi vede i “lunghi” in tenuta, complice il prezzo elevato del rottame, e più rischi, invece, per i “piani” per i quali non esclude ulteriori cedimenti delle quotazioni.
«L’economia mondiale in rallentamento e grande volatilità dei prezzi dell’acciaio – ha detto Gozzi – hanno portato il sentiment di mercato nell’incertezza». Le cause sono da ricercare nel rischio dell’overcapacity sulla piazza cinese «con una produzione passata dai 129 milioni di tonnellate del 2000 ai previsti 350 milioni del 2005. La Cina continua a consumare quantità enormi di acciaio ma non è da escutere che diventi un esportare netto di acciaio. Nel primi semestre dell’anno lo è già stato». «Secondo recenti analisi (studio McKinsey), l’eccesso di capacità produttiva potrebbe raggiungere i 200-300 milioni di tonnellate a partire dal 2010-2012».
Ma non si tratta solo di volumi. «Le curve di apprendimento dei nuovi players (Asia e Brasile) sono rapidissime. Ecco perché – ha spiegato Gozzi – anche i prodotti che oggi sono classificabili come “specialties” già domani saranno “commodities”». La catena del valore, in sintesi, premia non solo le nicchie di mercato, ma anche «gli anelli più a monte – ha ribadito l’a.d. -, vale a dire miniere, ricicli e recuperi». Il terreno di battagli a su cui si muovono i nuovi “signori della guerra” sono senza dubbio meno accidentati di quelli su cui si muove la “vecchia guardia” europea, statunitense e giapponese. «Il differenziale tra i due schieramenti sta crescendo. Chi dispone di vantaggi competitivi naturali sul costo di produzione gode oggi di un vantaggio abissale».
C’è spazio anche per uno sguardo alle dinamiche che potrebbero investire la siderurgia mondiale nel 2006. «Credo – ha continuato – che ci saranno solo lievi ritocchi al ribasso per il minerale ferroso mentre il prezzo del rottame resterà strutturalmente alto gravitando nell’orbita dei 200 dollari». Passando ai prodotti finiti, invece, Gozzi vede i “lunghi” in tenuta, complice il prezzo elevato del rottame, e più rischi, invece, per i “piani” per i quali non esclude ulteriori cedimenti delle quotazioni.
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