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I bassi costi di CO2 ed elettricità frenano il green steel, per un extra “a scadenza”

Un’ondata di progetti relativi alla produzione di acciaio a basso tenore di carbonio è stata lanciata in tutta Europa e anche in altre aree del mondo. Tuttavia, al momento non si sa quanto questi progetti saranno commercialmente validi. Due sono i fattori critici alla base di questa incertezza: un prezzo attuale del carbonio di molto al di sotto della media di 150 euro per tonnellata di emissioni di CO2 (circa 71 euro la tonnellata) e un costo medio dell’elettricità superiore a 40 euro al MWh per la maggior parte dei Paesi produttori di acciaio. Ciò costituisce un costo di produzione superiore del 20-45% per l’acciaio verde rispetto all’acciaio convenzionale. Tale differenza rappresenta il cosiddetto “green premium” che, secondo alcune fonti commerciali, nel mercato Ue dei prodotti piani equivale a 150-250 euro la tonnellata di acciaio e a circa 50 euro la tonnellata per i lunghi.

I costi della transizione

La redditività commerciale è fondamentale per attirare investimenti in tecnologie più ecologiche per sostituire e ammodernare il parco degli impianti più inquinanti, come quelli della produzione di acciaio con ciclo integrale (BF-BOF). Le stime indicano che saranno necessari circa 1,4 trilioni di dollari (1,3mila miliardi di euro) per decarbonizzare l’intera industria siderurgica mondiale. Pertanto, il capitale a disposizione delle imprese siderurgiche – attraverso fonti esterne ed i loro margini di profitto – è un fattore importante per consentire la transizione, considerando che i costi degli impianti siderurgici a zero o quasi zero emissioni sono attualmente stimati superiori rispetto ai costi degli impianti BF-BOF tradizionali. A ciò vanno aggiunti i maggiori costi delle risorse a basse emissioni: circa il 60-80% dei costi di produzione dell’acciaio derivano dai costi delle materie prime e dell’energia, che aumenteranno con il passaggio a materiali ed energia a basse emissioni. La produzione di acciaio senza carbone richiede infatti minerale di ferro di qualità superiore per limitare la quantità di scorie prodotte nel processo EAF e comporta più fasi del processo di produzione, con conseguente riduzione dei rendimenti e aumento dei costi. Anche l’energia rinnovabile sta iniziando solo ora a diventare competitiva in termini di costi rispetto all’energia tradizionale basata sui combustibili fossili. Infine, l’idrogeno verde è significativamente più costoso del gas naturale o dei combustibili fossili e dipende dall’accesso stesso alle energie rinnovabili. A causa dei costi elevati associati all’idrogeno verde, il suo utilizzo dipende fortemente dalla velocità con cui i prezzi di questa fonte energetica possono essere abbassati per diventare più economici di quelli dell’idrogeno prodotto con combustibili fossili.
Anche se si prevede che il prezzo delle nuove tecnologie diminuirà nel tempo, rimarrà sostanzialmente più elevato rispetto alle tecnologie esistenti per almeno un altro decennio. Questa differenza di costi non potrà non riverberarsi sui prezzi dei prodotti verdi, ovvero nel riconoscimento di un “premio” alle imprese che produrranno e venderanno tali prodotti. Ma quanto sarà necessario pagare di più per i prodotti “verdi” e quanto le aspettative sui “green premium” verranno soddisfatte? La risposta dipende da due fattori. Il primo riguarda la dinamica futura dei costi di produzione sia per i prodotti verdi che per quelli convenzionali. Il secondo è il rapporto fra domanda ed offerta sul mercato dei prodotti “green steel”.

Impatto dei costi di produzione

L’impatto più significativo sui costi di produzione verrà dalla CO2 e dai prezzi dell’energia. Secondo le previsioni di diversi istituti di ricerca, il prezzo della CO2 nell’Ue raggiungerà i 130-150 euro la tonnellata nel 2030, contro un prezzo attuale di circa 71 euro. Il Sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas ad effetto serra (EU ETS) è stato concepito in modo tale da ridurre i limiti di emissione e le quote di carbonio assegnate gratuitamente. Inoltre, la diminuzione delle assegnazioni gratuite sarà accelerata a causa dell’introduzione del Meccanismo di adeguamento delle frontiere del carbonio (CBAM-Carbon Border Adjustment Mecanism). La riduzione più marcata delle assegnazioni gratuite è prevista nel 2029-2030 e dal 2034 i settori economici soggetti al CBAM non riceveranno alcuna quota gratuita. Tutto questo porterà ad una crescente domanda di quote di carbonio e ad un aumento dei prezzi della CO2.
Per quanto riguarda i prezzi dell’energia, essi differiranno tra i diversi Paesi in funzione della disponibilità di fonti rinnovabili. Non a caso i progetti a basse emissioni di carbonio sono concentrati nei Paesi che hanno accesso ad energie rinnovabili a basso costo (Svezia, Norvegia, Spagna, Australia, ecc.) o gas naturale a buon mercato (Iran, Paesi del Golfo Persico, Algeria, Russia, ecc.). Tale strategia è ragionevole perché offre vantaggi competitivi ai produttori di acciaio. La decarbonizzazione dell’industria siderurgica dipende fortemente da quella dell’approvvigionamento energetico, in quanto la principale via di decarbonizzazione è il passaggio al processo di produzione dell’acciaio con forno elettrico (EAF) alimentato con preridotto (DRI). Il processo DRI-EAF si basa sull’elettricità e sul gas naturale e, in futuro, sull’idrogeno. Per ridurre le emissioni a zero, la produzione dell’energia elettrica e dell’idrogeno necessitano della fornitura di energia rinnovabile.
I calcoli effettuati da alcuni ricercatori mostrano che la differenza nei costi di produzione e nei prezzi dei produttori “verdi” e di quelli convenzionali nel 2030 potrebbe non essere così significativa da definire un “premio” verde. I costi marginali di produzione con DRI-EAF utilizzando il 70% di idrogeno nel mix energetico non saranno significativamente più alti dei costi BF-BOF, per cui non ci sarebbe grande spazio per un premio “verde”. I premi “verdi” sono probabili solo se i prezzi dell’energia sono elevati: più di 100 €/MWh sia per l’energia elettrica che per il gas naturale. In tal caso, aumenteranno i costi di produzione dei produttori di DRI-EAF e quindi anche i loro prezzi di vendita. In generale, l’aumento dei costi energetici ha un impatto negativo sulla competitività dei produttori di DRI-EAF rispetto a quelli di BF-BOF. Ma nel mercato i primi, con costi di produzione più alti, fisseranno prezzi più elevati perché la sola offerta dei produttori di BF-BOF non sarà sufficiente a soddisfare la domanda. Possono esistere anche premi “verdi” se il prezzo dell’idrogeno è elevato. Con prezzi bassi dell’idrogeno (meno di 2,5 €/kg), i costi di produzione con le diverse tecnologie (BF-BOF e DRI-EAF) non differiranno in modo significativo.
Il green steel price sarà quindi diverso a livello di aree geografiche in funzione dei costi di produzione dell’acciaio con le differenti tecnologie e della spinta del mercato all’acquisto di acciaio verde scatenata dai vincoli alle emissioni di CO2. In Europa, l’aumento degli impegni di decarbonizzazione Scope 3 da parte dei principali settori consumatori di acciaio fornisce un impulso significativo alla spinta del mercato di acciaio verde. Tuttavia, la conversione dal percorso predominante di produzione dell’acciaio BF-BOF a quello H2-DRI-EAF sarà costosa. Al contrario, in regioni come quella del Golfo Persico (GCC-Gulf Cooperation Council), i produttori stanno già utilizzando la tecnologia NG-DRI-EAF, con notevoli opportunità per l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio nei giacimenti petroliferi. È probabile che i produttori di acciaio in questa regione abbiano costi di decarbonizzazione inferiori rispetto ad altre regioni, che potrebbero essere coperti da un supplemento sui costi del carbonio. Tuttavia, l’attrazione della domanda è relativamente minore, poiché la maggior parte dei progetti sono orientati all’esportazione. Di conseguenza, si prevede che il premio verde in questa regione sarà più basso rispetto ad altre regioni.

Premi verdi, driver per le principali regioni produttrici di acciaio

La domanda di acciaio “verde”

Considerando che l’acciaio detiene la quota maggiore delle emissioni totali della catena di approvvigionamento delle industrie consumatrici di acciaio (dal 32% nel settore delle costruzioni al 50% nel settore degli elettrodomestici), risulta evidente che l’acquisto di acciaio “verde” offre opportunità di riduzione delle emissioni di scope 3 diverse a seconda delle varie realtà dei relativi settori utilizzatori di acciaio. È prevedibile che la maggiore domanda di acciaio verde provenga dal settore automobilistico, che nell’Ue rappresenta il 18% del consumo di acciaio, ovvero 22,7 milioni di tonnellate nel 2023. L’industria automobilistica potrebbe ridurre le emissioni della catena di approvvigionamento di circa il 35% grazie all’acquisto di acciaio “verde” aggiungendo solo lo 0,5-1,5% ai costi di produzione delle automobili (quota dei costi per l’acquisto dell’acciaio rispetto ai costi totali). Lo stesso vale per altri settori come quello degli elettrodomestici e degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Poiché l’acquisto di acciaio “verde” porta a cambiamenti non rilevanti nei costi per i consumatori di acciaio, l’acquisto di acciaio “verde” può portare benefici alle industrie utilizzatrici che possono permetterselo. Ma il potenziale dipende fortemente dalle specificità di ciascun settore. In particolare, l’elevata concentrazione del mercato e la pressione da parte dei clienti stimoleranno il settore automobilistico a richiedere acciaio “verde” in maggiore quantità rispetto ad altri settori. Lo stesso vale per il settore degli elettrodomestici, dove la percezione positiva dei clienti sui prodotti “verdi” dovrebbe stimolarne l’acquisto e di conseguenza gli ordinativi di qualità green dei produttori. Altrettanto avviene per il settore delle energie rinnovabili dove l’immagine di business orientato all’ambiente esercita pressioni per ridurre le emissioni della catena di approvvigionamento. Questi tre settori, che consumano complessivamente oltre un quarto dell’acciaio nell’Ue, utilizzano principalmente prodotti piani che solitamente sono prodotti con la tecnologia BF-BOF convenzionale ad alta emissione di CO2 (2 tonnellate per 1 tonnellata di acciaio prodotto).
Il settore delle costruzioni, che consuma il 35% dell’acciaio nell’Ue, dovrebbe subire invece pressioni meno forti per ridurre le emissioni, almeno fino a quando non saranno introdotte politiche più favorevoli all’utilizzo di prodotti verdi. Questo settore ha anche una bassa concentrazione del mercato, consuma principalmente prodotti lunghi, che solitamente sono ottenuti con il percorso EAF basato su rottami, quindi con una bassa necessità di ridurre le emissioni (150-200 kg di COper tonnellata di acciaio prodotto).

Esposizione ai driver del green premium dei settori utilizzatori di acciaio

La riduzione delle emissioni della catena di fornitura è una parte importante delle strategie di decarbonizzazione delle imprese manifatturiere. I maggiori operatori si sono posti l’obiettivo di ridurre gli Scope 3. Ma la quota delle emissioni della catena di fornitura di Scope 3 dei settori automobilistico e degli elettrodomestici è relativamente piccola, fino al 18-20%. Le aziende hanno un maggiore incentivo a raggiungere gli obiettivi di riduzione degli Scope 3 in altri modi. Ad esempio, le aziende automobilistiche producendo veicoli elettrici. Pertanto, si può ritenere che fino al 2030 il potenziale consumo di acciaio “verde” potrebbe essere realizzato solo parzialmente, per un volume pari a circa 20 milioni di tonnellate di acciaio in termini di prodotti finiti. Dipenderà anche da questioni commerciali: prezzi dell’acciaio “verde”, premi, ecc.

L’offerta di acciaio verde

Poiché il percorso DRI-EAF è considerato la principale tecnologia di decarbonizzazione, è prevedibile che la maggior parte della fornitura di acciaio verde proverrà dagli operatori che producono acciaio con questo tipo di impianti. Si tratta di una trentina di progetti annunciati a livello globale con una capacità totale di circa 70 milioni di tonnellate annue di DRI/HBI, di cui 16 in Europa per un totale di 23 impianti con una capacità produttiva di 37,6 milioni di tonnellate, ovvero quasi il 50% dell’attuale volume di produzione di acciaio con ciclo integrale (BF-BOF). Le aziende che implementano i progetti di DRI-EAF includono sia impianti integrati esistenti che nuovi entranti come H2GS, GravitHy. BlasterGreenSteel. Le soluzioni tecniche esistenti consentono di utilizzare l’idrogeno come agente riducente nella produzione di DRI/HBI, anche come parte di una miscela con gas naturale. Alcuni progetti inizialmente dichiaravano l’utilizzo al 100% di idrogeno come agente riducente per la produzione di HBI verde da utilizzare nella produzione di acciaio verde. Rientrano fra questi i progetti ArcelorMittal Amburgo, ArcelorMittal Sestato, ThyssenKrupp, Salzgitter, H2GS a Boden e Iberia, SSAB HYBRIT, GravitHy, lastrGreenSteel.
La fornitura di acciaio verde entro il 2030 potrebbe collocarsi intorno a 30 milioni di tonnellate in Europa, sulla base dei progetti annunciati e di un utilizzo degli impianti pari all’80% della loro capacità produttiva. Va però precisato che non esiste alcuna certificazione o classificazione riconosciuta per l’acciaio a basso tenore di carbonio e “verde” nel mondo. È probabile quindi che emergerà una gamma di questi acciai con diversi livelli di emissioni di CO2 associati alla loro produzione. Tuttavia, l’estremità superiore dello spettro (l’acciaio veramente verde) è probabilmente associata ad emissioni inferiori a 400 kg di CO2 per una tonnellata di acciaio finito per gli ambiti1,2 e 3 (o 200 kg di CO2 per una tonnellata di acciaio per gli ambiti 1 e 2). Di conseguenza, l’acciaio a basse emissioni di carbonio potrebbe richiedere la corresponsione di un premio per gli acciai prodotti con livelli di emissioni di COsuperiori a quelli sopraindicati.

In definitiva, il valore del premio verde dipende dal valore aggiuntivo che il cliente percepisce o attribuisce alle credenziali verdi del prodotto. Pertanto, esso non è necessariamente limitato a eventuali costi aggiuntivi associati alla produzione dell’acciaio verde rispetto a prodotti equivalenti a basse o ridotte emissioni di carbonio o standard. Questa caratterizzazione è confermata da una ricerca che il CRU (Istituto di ricerca e consulenza nel settore dei metalli) ha condotto sui potenziali acquirenti di materie prime verdi. Di conseguenza, il premio per l’acciaio verde viene pagato in aggiunta a: 1) tutti gli altri extra di prezzo riguardanti classe, larghezza, scartamento e supplementi di costo; 2) eventuali costi o supplementi attuali e futuri del carbonio che potrebbero essere imposti ai produttori di materie prime convenzionali, a ridotte o a basse emissioni di CO2 in virtù di eventuali tasse sul carbonio/schemi di scambio di emissioni di CO2.

Schema dell’aumento dei prezzi dell’acciaio e categorie di acciai in base alle emissioni di CO2

Conclusione

Come per tutti i beni, anche per l’acciaio verde l’equilibrio tra domanda e offerta all’interno dello specifico mercato è un fattore determinante del prezzo. Se la domanda supera l’offerta disponibile, il premio sarà significativamente più alto dei costi aggiuntivi (se presenti) di produzione dell’acciaio verde. Al contrario, se si verificasse un eccesso di offerta, è probabile che il premio verde rischierebbe di essere eroso o eliminato. Il limite inferiore è fissato dal costo di decarbonizzazione delle scelte tecnologiche preferite in ciascun paese o area geografica. Ciò è il risultato del fatto che la domanda di acciaio verde sarà principalmente soddisfatta dai produttori esistenti che passeranno alla produzione di acciaio a basse emissioni. In Europa, la BF-BOF è attualmente la tecnologia dominante (specialmente per i prodotti piani) ed i costi di greening vengono considerati rispetto a questa tecnologia. I fornitori di acciaio verde continueranno quindi a produrre finché potranno vendere il bene ad un prezzo superiore ai costi di produzione dell’acciaio utilizzando tecnologie a basse emissioni.

Per quanto riguarda i consumatori di acciaio, il valore che essi attribuiscono ad un acciaio verde dipende fortemente dalla proporzione sia dei costi che dell’impronta di carbonio che l’acciaio contribuisce al prodotto finale. Ad esempio, nel settore automotive, dove l’acciaio rappresenta solo lo 0,7-1,5% del costo del prodotto finale, ma tra il 10-27% dell’impronta di carbonio (a seconda del modello), le case automobilistiche saranno disposte a pagare un premio verde più elevato rispetto ai produttori di articoli in acciaio a più basso valore aggiunto. Questo perché l’uso di acciai verdi li aiuterà ulteriormente a presentarsi ai clienti come aziende a basse emissioni di carbonio. Una sfida importante per i fornitori di acciaio che desiderano trarre vantaggio dalla domanda di acciaio verde di queste aziende sarà l’omologazione dei loro nuovi acciai verdi per la realizzazione del prodotto finale.

Un’ultima considerazione riguarda le diverse strategie di acquisto e tipologie di contratto perseguite dai clienti. I grandi consumatori di acciaio (come i grandi produttori del settore automobilistico e degli elettrodomestici) cercheranno di assicurarsi contratti annuali con un numero limitato di fornitori per mantenere il potere contrattuale e ridurre il rischio di interruzione delle catene di fornitura in entrata. Al contrario, le aziende più piccole che acquistano dai centri servizi compreranno piccole quantità a prezzo spot. Questa differenza di comportamento determinerà un premio diverso nei vari  settori.

In definitiva, nella negoziazione dei premi verdi, è importante che sia gli acquirenti che i venditori abbiano chiaro cosa rientra e cosa non rientra nella definizione di premio verde, nonché i fattori che stanno dietro la gamma di premio verde per settore. Una comprensione più precisa consentirà sia ai finanziatori che ai produttori di considerare bancabili i flussi di cassa risultanti.

 

Fonte: siderweb.com