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FLERO (Bs) – L’additive manufacturing produce «un grezzo di fonderia. La post produzione è ancora necessaria, per via dell’attuale limite tecnologico del processo».Quali sono allora i vantaggi di fabbricare un componente in acciaio, o alluminio, titanio, lega di nichel, attraverso la stampa 3D?

 

«La fase di post processing è minimizzata, così come lo scarto; rispetto alla ciclo produttivo tradizionale si possono ridurre costi, peso e numero di pezzi del componente», in estrema sintesi, secondo Giovanni Carlo Scianatico, Regional Manager Italy di EOS, società con base in Germania specializzata nella stampa 3D di metalli e polimeri. «L’Italia oggi è uno dei mercati più attivi al mondo; a mostrarsi più ricettive sono le piccole e medie aziende».

Delle potenzialità dell’additive manufacturing (viene stimato un tasso di crescita annuale composto del 15% tra il 2015 e il 2025), e dei suoi punti deboli, si è parlato durante il workshop organizzato da Sfida Italia 4.0, la digital factory (nell’immagine in apertura) pensata e coordinata da SEI Consulting e realizzata insieme a circa trenta partner industriali e tecnologici alle porte di Brescia, per far toccare alle piccole e medie imprese la tecnologia calata nel processo.

L’additive manufacturing non è (ancora) come viene dipinto: non si può stampare tutto, non è semplice e immediato. Ha dei limiti che si sta cercando di superare: all’Università degli Studi di Brescia ci sta lavorando il Laboratorio di prototipazione avanzata del Dipartimento di Ingegneria meccanica e industriale, di cui è responsabile il professor Luca Giorleo. La stampa 3D ha quattro grandi potenzialità, ha spiegato: «Complessità di forma; complessità gerarchica, perché permette di modificare le tradizionali microstrutture all’interno dei componenti; complessità funzionale, perché elimina la fase di assemblaggio; e complessità di materiali, o multimaterialità». Ma ha anche diversi limiti: «Con la tecnologia a letto di polvere metallica, per esempio, vanno generate strutture di supporto che limitino la degenerazione del componente, costituite dal suo stesso materiale e quindi non facilmente eliminabili». Inoltre, «è inevitabile l’”effetto gradino”, creato dalla sovrapposizione dei diversi strati, che può generare tensioni residue». E va anche «ripensato il metodo di progettazione, che superi i limiti dei processi tradizionali. Ne è un esempio l’haptic-based CAD, in cui mouse diviene una sorta di scalpello».

E se è vero che sta aumentando la gamma di materiali stampabili, tra cui anche acciaio e inox, è altrettanto vero che «alcuni tipi di acciai altoresistenziali e speciali non sono ancora disponibili in questa tecnologia additiva» ha spiegato Davide Zurro, Application Development Consultant di EOS.

Fondamentale in questa rivoluzione progettistica e produttiva 4.0, sarà «cambiare le competenze rispetto a quelle richieste dalla tecnologia tradizionale. Non si sopprimeranno posti di lavoro – secondo Scianatico – ma saranno necessarie nuove skill». Tanto che la difficoltà nell’acquisizione o nell’integrazione delle competenze, insieme al limitato sviluppo della maturità della tecnologia additiva, ne sta rallentando la diffusione. «Speriamo – è l’auspicio di Scianatico – che il sistema scolastico ci segua».

 

 

Fonte: siderweb.com