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Sono passati 4 anni da quel tragico 13 gennaio 2012 che vide la Costa Concordia naufragare all’isola del Giglio, portando con sé la vita di 32 persone; oggi, di quella che era una mirabile nave da crociera, non restano da smantellare che gli ultimi ponti e altre sezioni minori.
Al termine dei lavori di demolizione, saranno più di 23.000 le tonnellate di acciaio che andranno ad alimentare i forni della Feralpi di Lonato e delle Acciaierie di Calvisano.

L’imponente attività – iniziata a seguito del recupero del relitto con l’ormai famosa operazione di raddrizzamento e trasporto della nave fino a Genova – impegna, secondo quanto riportato dal Giornale di Brescia, in media dai tre ai cinque camion al giorno, i quali percorrono il tragitto dai cantieri di San Giorgio fino a Lonato.
Il recupero dell’acciaio della Concordia consentirà di reimmettere nel ciclo produttivo materiale già utilizzato, seguendo direttive di rispetto ambientale particolarmente care all’Unione Europea.
L’aver battuto la folta concorrenza interessata all’acciaio della Concordia è però, in questo momento, uno dei pochi motivi di soddisfazione per l’industria siderurgica bresciana, la quale deve fare i conti con un mercato influenzato dal rallentamento dell’economia cinese e con le conseguenti performance negative dell’intero comparto italiano, in forte contrazione produttiva (-8% nell’ultimo anno).

 

 

A. Sabini Fender